Friday 30 September 2016

Spelling creativo

Si chiama "imaginative spelling".
Le parole vengono scritte con i suoni, esattamente come si fa in italiano, con l'unica trascurabile differenza che in inglese lo spelling è complicato, talmente complicato che alle elementari si tengono dei campionati.
L'altra sera la B si è messa al suo tavolino con la testa china e non la si è sentita per più di un'ora. Quando finalmente si è palesata in cucina, aveva in mano una serie di bigliettini, con dei disegni e delle didascalie scritte da lei, che mi chiedeva di rilegare in un libretto.
Ad opera compiuta, mi sono messa a leggere cosa aveva scritto: c'erano parole sparse, la lista dei colori che hanno ultimamente imparato a scrivere correttamente, e poi frasi di vita quotidiana, tipo "la mamma mi porta a scuola a piedi la mattina", solo che lo spelling era a dir poco estroso, quando non proprio esilarante.
Mi sono morsa le labbra per non fare correzioni, mi sono complimentata per l'impegno e non ho nemmeno accennato alla possibilità di errore.
10 minuti dopo, ho scritto una mail alla maestra.
Non sono madre lingua inglese, come è ovvio. Questo comporta che, sebbene - suppongo possa ammettere - parlo e scrivo in maniera fluente, non ho idea di come l'inglese scritto venga insegnato. Nè tantomeno posso immaginare come si possa insegnare a leggere. Questo "non avere idea" mi dà talvolta pensieri, perchè è chiaro che i miei figli, a scuola, faranno parecchio da sè. È ironico che si ritrovino esattamente come me a suoi tempi, nonostante i loro genitori siano entrambi dottori di ricerca, mentre la mia zia aveva a malapena finito le elementari.
Ma insomma dicevo, ho scritto una mail alla maestra, chiedendo che cosa si deve fare in questi casi, se correggere le parole scritte male - e se sì come - o lasciare perdere e non intervenire, cosa per la quale in materia scolastica propendo sempre fortemente. Io la vedo che le maestre insegnano, mentre le mamme fanno le mamme. Lei mi ha spiegato quella cosa dell'imaginative spelling e mi ha rassicurato che si corregge da sè. Come, sono curiosa di vedere.
"Great Question!We call this imaginative spelling.  Basically, they write down the sounds they hear in order to spell the word.  This is wonderful and you do not need to correct her.  It will correct on its own"
Intanto, un quesito per tutti voi:
chi indovina i 10 animali della foto?

Wednesday 28 September 2016

Been in the USA a little bit too long?



Hai presente quella serie di pubblicità della Britsh Airways : "when you call it soccer, it's time to come home" e molte altre su questo stile. Ecco, quella è un'agenzia pubblicitaria che sa fare il suo lavoro, a differenza di quelle a cui si affida la Lorenzin. 
Sono stati due anni e mezzo senza una punta di rimpianto. Felice e serena di essermi lasciata alle spalle te, i bus, i cielo grigio, i treni, i casino creato dai tuoi 10 milioni di abitanti, le lunghe ore di pendolarismo e la frutta insapore.
Mi ci sono voluti due anni e mezzo per iniziare a rilassarmi, per essere capace di passare una domenica in casa senza fare nulla, anche se fuori c'è il sole, anche se c'è un festival e anche se potrei andare al mare, in piscina, al parco, a visitare cose e vedere gente. Si chiama "missing out syndrome" e, a quanto pare, ti piace infettare tutti quelli che capitano a calpestare il tuo suole e sono talmente coraggiosi da restare per piú di un paio d'anni. Insomma stavo proprio bene, qui al caldo, con la mia macchinona e la mia vita da mammetta di alto borgo, quando, tutto d'un tratto, mi sei tornata in mente.
Nelle cose belle.
Nei pub sul fiume, nei parchi con i cervi, nello splendore del South Bank, nelle scale di Saint Paul, nelle luci di Soho e le porte di China Town. Nel cielo blu, che e' raro ma splendente. E mi stai iniziando a mancare, mannaggia a te; classica malinconia da emigrante che guarda il tramonto sull'oceano pensando a casa lontana. Evidentemente sei sempre un po' casa, evidentemente sono stata via troppo tempo ed e' ora di tornare.
Ci vediamo presto, Londra.


Non aiuta che John mi abbia mandato oggi le foto di casa mia!

Sunday 18 September 2016

E siamo al sesto 18 settembre

Caro Jacopo,

oramai ci sentiamo una volta l'anno, su questo blog che era nato proprio per te.
Anche quest'anno la giornata è passata sottotono, almeno per me.
Sono giorni sempre complicati, pieni di tristezza, pensieri per quello che poteva essere, paura per quello che sarà.
Oggi non abbiamo fatto niente, solo un pranzo tardivo al diner preferito del tu babbo. Ho chiesto alla B se vogliono un altro fratello e lei mi ha detto che ce l'hanno già nelle stelle - l'altra volta che glielo avevo chiesto mi aveva detto di no, che sennò tutti la picchiano, stiamo in qualche modo migliorando-.
Allora le ho detto che era il tuo compleanno, ma mi pare che la cosa l'abbia lasciata solo confusa e quindi ho lasciato perdere. Suppongo che per lei *compleanno* significhi *festa*.
Per me *compleanno* significa *memoria*. L'unico giorno l'anno in cui mi concedo di sedermi e scriverti una lettera di getto, come si fa a un amico lontano, che non si vede mai, ma con cui ci sentiamo sempre vicini vicini. Scrivo con gli occhi lucidi e la testa che vaga. È per questo che questa lettera ti sembrerà sconclusionata.
Insomma, dicevo, sono giorni un po' così, sempre saturi di riflessioni. L'anno scorso mi chiedevo chi fossi, quest'anno mi sono prese mille paure, più o meno razionali, sul futuro. Ho avuto anche la malaugurata idea di prendere tutti gli appuntamenti di vari check-up annuali in questi giorni, così sto anche qua con l'ansia dei vari risultati e la testa piena dei pensieri lugubri che ben conosci.
C'è però una aneddoto bellino, se non altro, su questa giornata.
Mentre eravamo a cena è andata via al luce su tutto il blocco di appartamenti. Un buio pesto a cui nessuno è abituato. Prima abbiamo usato i telefoni e il computer per raccapezzarsi e poi mi sono ricordata che avevo una candela, la tua candela, che mi era stata regalata dopo poco la tua nascita per la giornata del "Pregnacy and Infant Loss Awareness". Me la ero portata dietro in capo al mondo, intatta. Stasera ho pensato che quel black-out improvviso fosse un segno del fatto che la dovessi accendere. Magari non era solo che nel blocco accanto c'era stato un prosaico guasto, magari c'avevi voglia di stare a cena con noi, la sera del tuo compleanno. E allora, a lume di candela, abbiamo mangiato il gelato e i tuoi fratelli hanno cantato a squarciagola canzoncine di tutti i tipi, guardando la fiamma e giocando a fare le ombre cinesi sul muro.
Adesso loro sono a letto, la luce è tornata, la candela è al sicuro e io mi sono messa a scriverti, cullata dal consueto rumore della lavastoviglie.
Come ogni anno, fra due giorni è il mio compleanno, che, come al solito, segnerà in qualche modo il momento in cui decido di rinfilare la tristezza in fondo la cuore, di rimboccarmi le maniche e andare avanti. E, diodiddio, se i risultati dei check-up vanno bene, ricordami l'anno prossimo di fissarli d'ottobre.

Stai bene, lassù nella luce.
Mamma