Thursday, 30 April 2015

Namaste


Era il 2001 o forse il 2002, non ricordo. Era l'anno che entrava in vigore l'euro, perche' partimmo con le lire e tornammo con un in tasca qualche rupia e qualche euro. Era inverno perche' per motivi logistici non avevo fatto le vacanze di estate e quindi eravamo partiti per quel viaggio durante le vacanze di Natale.
Era la prima volta che andavo in Asia. 
Era il 2001, certo. Ora ricordo con esattezza. Era dicembre 2001, il dicembre dopo il settembre delle torri gemelle. Lo ricordo perche' il Nepal fu un viaggio di ripiego. La meta prescelta era l'Egitto, ma non avemmo, stupidamente, il coraggio di partire per un paese musulmano. Come se c'entrasse qualcosa. Per tutta risposta in Nepal c'era in corso una tostissima rivolta maoista, che ci obbligava a rientrare in guesthouse prima del coprifuoco, prima che i militari armati di fucile iniziassero a pattugliare le strade di Thamel, il getto turistico di Kathmandu.
Di quel viaggio ricordo moltissimi dettagli. Ricordo le strade piene zeppe di traffico di motorini, macchine, biciclette, piccioni e mucche; il ristorante dove andavamo a cena ogni sera, cena che si concludeva religiosamente a te nero. Ricordo la piazza principale, il tipo che il primo giorno ha insistito per farci da guida - il cui inglese ai quei tempi prelondinesi mi era totalmente oscuro - e il tipo che ci ha inseguito per un mese per venderci l'olio di tigre. Ricordo i negozietti di braccialetti di vetro, il caos dei mercati delle vie secondarie, il funerale hindu in cui incappammo in uno dei primi giorni. Ricordo i viaggi interminabili in bus, uno appollaiato sull'altro o appeso ai finistrini. Ricordo le camminate altrettanto interminabili per arrivare alle cittadine adiacenti a Kathmandu, per strade polverose costellate di bambini che non facevano che gridare 'Namaste' e 'Mi dai una caramella'.
Ricordo l'emozione immensa che ho provato di fronte alle pagode con i Buddha giganti e agli altarini sparsi ovunque di Ganesh. Ricordo come sono rimasta ammaliata dei monaci che suonavano i gong e dalla gente comune, che si recava a pregare con la tilaka sulla fronte.

Il pensiero che molto di quello che mi ha regalato quelle emozioni non c'e' piu', mi e' arrivato allo stomaco come un pugno. 4000 morti. Forse anche qualcuna delle persone che ho conosciuto, dei tassisti che ci hanno dato un passaggio, degli albergatori che per poche rupie ci hanno dato un tetto e dei ristoratori che per ancor meno rupie ci hanno dato un Dal Bhat. 

Il Nepal restera' sempre nel mio cuore come il viaggio che mi ha fatto amare l'Asia. 

Se qualcuno ha voglia e qualche spicciolo, per favore si prenda la briga di donare qualcosa a una delle molte organizzazioni no profit che si occupano di portare aiuto a quella gente. Che e' proprio bella gente.





Friday, 24 April 2015

Uno


AUGURI FABIOLINO

E cosi' hai gia' un anno e sembra ieri che sei uscito fuori, con quell'aria furbina che non ha fatto altro che affinarsi nel successivi 365 giorni. In 365 giorni, che sono sembrate 365 ore, hai imparato a alzarti e fare qualche passo, a chiacchierare cose sconnesse in cui si puo', con un po' di fantasia, riconoscere la parola "mamma", a lanciare qualunque cosa ti capiti fra le mani, con la forza e la precisione di un giocatore di baseball e a mangiare il formaggio con la cipolla caramellata e il coscio di pollo.

Sei un bambino maschio che risponde alla definizione perfetta di bambino maschio, un terremoto entropico ammaliato da palle e macchinine, che non sta fermo un minuto nemmeno quando dorme; che si alza, casca, batte chiorbate dappertutto e si rialza senza battere ciglio; che prende a schiaffi e morsi tutta la famiglia con il sorriso sulle labbra, perche' in cuor suo sono carezze e baci pieni di amore. Sei veloce come una faina, simpatico e bello e con due occhioni che mi daranno parecchi pensieri, fra un po' di anni. Sei il mio bambino piccolo e il mio amore grande e mi hai rubato il cuore 365 giorni fa e non me lo hai reso piu'.
Per tutti questi traguardi che hai raggiunto in solo 365 giorni, ti meriti 365 milioni di baci e 365 mila auguri, quattro tubetti di yogurt ai frutti di bosco, mezz'etto di fontina e una piattata di fusilli al sugo.

E una festa di compleanno meravigliosa, in un posto dove puoi scorrazzare libero e senza sosta per tutto il tempo che vorrai.

Sunday, 12 April 2015

Matrimoni sparsi per il mondo


E quindi siamo stati al nostro primo matrimonio made in USA, anche se era fra due giapponesi e, per di più, che erano belle sposati.
E siccome era un matrimonio di giapponesi mi pregustavo una galore di sushi e bento di tutti i tipi con iniezioni di fusion texano come il texan roll. Invece, siccome era un matrimonio made in USA, abbiamo mangiato pollo, insalata e patate arrosto. Una delusione cocente.
La sposa, di tutta la testa più alta del marito, indossava un bel vestito bianco e gli stivali. Perché il tema del matrimonio erano i cowboy. Non particolarmente originale, essendo in Texas, ma mi ci sarei buttata a capofitto se lo avessi saputo. Invece avevo il mio bel vestito arancione di Reiss e le mie magnifiche Manolo con le fragoline. Entrambi gli acquisti furono frutto di una giornata di libera uscita dall'ospedale pediatrico, oramai quasi 3 anni fa. Indossarli mi riporta sempre al momento in cui uscii da quell'ospedale con la mia bambina guarita anche se un po' incerottata. Ma questa è un'altra storia, che non ho mai raccontato e pace. Sono contenta di esserci rientrata in quel bel vestito, anche se stavolta ho barato e mi sono convinta e indossare uno di quei mutandoni elastici che fanno sembrare figo chi non è. Ecco, mai più senza. Mai più. Devo solo riuscire a chiuderli, i vestiti, e poi il più è fatto.
Ma sto divagando.
Il matrimonio è durato poco, con una schedule tipica marines come quella dei compleanni dei bambini, ma è stato divertente. C'era tutto, compreso il video dal giappone di chi non ha potuto partecipare, che ha fatto piangere per mezz'ora la sposa e lasciato inespressivo lo sposo. Cosa familiare, anche questa.
Alla fine siamo tornati a casa, presto abbastanza e soddisfatti.

io: Bianca ti è piaciuta la sposa?
B: no
io: no? e perché? aveva un bel vestito bianco.
B: no, perché io voglio essere la sposa con il vestito bianco.
io: quando ti sposi te, te lo potrai mettere un bel vestito bianco.
B: allora io mi sposo domani
io: si, ma ti serve di trovare un marito prima.
B: OK. Dov'è?