Sunday 19 February 2017

Di come l'arte si insegna e si impara

Lo scorso giovedì ho approfittato di un momento di tregua fra una influenza e una bronchite e sono andata a fare volontariato nella classe di arte della B. La nostra scuola è un magnet fine art, il che significa che ha attività ancillari a indirizzo artistico, nella fattispecie: arte, musica e danza, oltre alle più comuni educazione fisica, biblioteca e computer. Queste attività ancillari si svolgono in classi apposite e hanno insegnanti specializzati.
Nella nostra scuola, e nelle scuole americane in genere, la partecipazione dei genitori in attività di volontariato è cospicua. I genitori che lavorano devono accontentarsi di partecipare ogni tanto. Questa volta cadeva all'ora di pranzo e non me lo sono fatto dire due volte. 
Il nostro compito era supervisionare e facilitare la fabbricazione di un uccellino di creta - regalo per la festa della mamma. 
Mrs J, la maestra di arte superstar, ha accolto i bambini con il rossetto rosso e un fiore rosso da ballerina di flamenco fra i capelli. Seduta sul banco di lavoro e con il grembiule addosso, ha chiesto ai bambini di sedersi in terra come "good Monna Lisas" e di ascoltare la spiegazione del lavoro del giorno. Intagliare la sagoma del corpo e delle ali, decorare le parti con materiale rigorosamente di recupero (un conchiglia, un tappino del succo di frutta, un lego), assemblare l'ala al corpo, creare occhi e becco. Una canzoncina per memorizzare la sequenza delle operazione e via. L'opera di terracotta doveva essere poi riposta in una bustina per essere messa a essiccare ed essere pronta per la successiva fase di pittura - alla quale purtroppo non potrò assistere. I bambini stavano incredibilmente in assoluto silenzio, completamente assorbiti dalla spiegazione. Si sentiva solo la voce di una bambina che traduceva in cinese la spiegazione al compagno appena sbarcato in USA che non parla inglese. Io me ne stavo in un angolo in fondo alla classe a osservare sbalordita tutto quell'entusiasmo ordinato. 
Quando è stato dato loro l'OK, sono schizzati al loro posto e, concentratissimi, hanno iniziato a lavorare. In poco più di 20 minuti, tutti e 19 i bambini di età intorno ai 6 anni, hanno creato il loro uccellino, con una maestria che io, da profana, non mi sarei mai aspettata. Venti minuti senza sgarrare, perchè è importante imparare che il lavoro va eseguito bene e nei tempi stabiliti. 
L'uccellino di creta, per quanto carino, impallidisce davanti alla qualità delle altre opere d'arte di questi ragazzini. Autoritratti ispirati a Matisse, chitarre a collage del Picasso cubista, mattonelle decorate, sculture in terracotta, installazioni alla Louise Nevelson - per la qual opera ho gioiosamente donato uno ziplock da un gallone di giochini del cavolo che, invece di finire anonimamente nella spazzatura, verrano sublimanti in arte. 
Definiti "easy peasy lemon squeezy"
i coni sono stati il riscaldamento
 artistico della classe K
Mrs J superstar ha anche un blog, che purtroppo non ha il tempo di aggiornare da una anno, che però rende l'idea della qualità del lavoro che propone ai suoi studenti. Avevo già avuto il mio momento di stupore quando la B ha portato a casa per thanksgiving il vaso di fiori a collage, ispirato ai girasoli di Van Gogh, che in un momento di folle altruismo ho regalato a mia suocera.
"Vaso di Fiori"
B.A.C. 5 anni
Ora io, non sapendo manco fare una O con un bicchiere, rimango facilmente impressionata, ma questi bambini sono tutti eccezionali. I lavori esposti nel corridoio della scuola, che di rado noi genitori possiamo ammirare, sono tutti - e dico tutti - eccellenti. Ammesso e non concesso che non si concentri alla Roberts Elementary di Houston la prossima generazione di Monet e Dalì, mi tocca concludere che l'arte, così come la matematica e la lettatura, si insegna e si impara. E allora mi chiedo, con una punta di fastidio, perchè a me nessuno l'abbia mai insegnata, che mi sarebbe tanto piaciuto. Eppure il mio professore delle media, che era anche un artista che per essere a Pistoia faceva il suo, ci aveva giurato il primo giorno che avremmo presto riso della nostra inettitudine all'arte. Ecco, il giorno del riso per me non è mai arrivato, e ancora mi sta al culo. Ma bando ai rimpianti, che oramai che è stato è stato. Dopo aver fallito con la mia sorella, che non mi ha mai voluto far esporre in casa le sue opere, aspetto a gloria di riempire le pareti con quelle della mia figliola. L'autoritratto stile Matisse arriverà nel prossimo futuro, non appena la B avrà finito di farsi quella capa di riccioli che si ritrova e che, a detta della mitica Mrs J, le stanno dando del filo da torcere. 

Friday 10 February 2017

Le sere sono uguali, ogni sera è diversa.


Una serata uggiosa come troppe, con una discussione senza senso sulla pizza, un bel fagotto di stanchezza, l'uggia della routine, la pazienza finita, la casa immersa nelle urla e il casino e io che ho solo voglia di silenzio.
Poi l'ora di andare a letto con il libro nuovo a capitoli, la B che russa dopo un minuto e F che rompe le palle.
- Stai qui - Va bene sto qui, però metti la testa sul cuscino, chetati e dormi - Stai qui accanto a me - Ti canto una canzone -
...Un vecchio e un bambino...
E da li non mi sono più ripresa, la mente ha vagato 30 anni di canzoni, urlate a squarciagola in macchina nelle sere di estate, cantate con il groppo alla gola perchè sembravano parlare di me, canzoni che hanno regalato emozioni, canzoni legate a un ricordo specifico. Vidi il testo di "Un vecchio e un bambino" scritto sul diario della mia amica Amanda in prima liceo e da lì mi è toccato cantare Guccini per 20 anni. L'avvelenata urlata per le parolacce è sempre stata l'arma di catarsi suprema, specie in macchina la notte. Eskimo, perchè a 20 anni era tutto ancora intero e si poteva avere tutto per possibilità. Ed il monito che "bisogna saper scegliere il tempo, non arrivarci per contrarietà" mi ha guidato in più di una occasione in questi travagliati 42 anni di vita. La mia canzone preferita era sempre stata "Canzone quasi d'amore", perchè nella mia camera a Pistoia, mentre studiavo per qualche esame, mi sentivo proprio di fare goffi voli, di azione e di parola, volando come vola il tacchino.  "Farewell" invece si cantava a squarciagla in Valle Ombrosina con la chitarra, davanti al fuoco e l'alcol che scorreva a fiumi. Parlava di noi, dei nostri 20 anni, dei nostri amori e del senso di ebrezza che si provava a affacciarsi per la prima volta alla finestra dell'età adulta. Era il nostro motto, i primi anni dell'università, che non c'è niente che non passi o che non resti con il vino.
Poi le ali per me hanno iniziato a spiegarsi, per fortuna, e ho smesso di sentirmi un tacchino, ma sul Camino Inca, davanti alla immensa valle dell'Urubamba, c'era sempre Guccini con me.  ...Sentì che era un punto al limite di un continente... Tutte le volte che la Natura mi sovrasta, in cima all'Himalaya così come davanti all'oceano in Brasile, quelle parole mi sono sempre tornate alle labbra.
La serata è andata avanti così in flusso di coscienza. F è crollato a metà di Cyrano e la mia mente è andata per i cazzi suoi, saltando da un cantautore dall'altro. Dal bar del liceo sulle note di ...compagno di scuola, compagno di sempre ti sei salvato dal fumo delle barricate... alle notti in montagna quando qualcuno mi cantava ...e te ne vai con la mia storia fra le dita.... ed io non capivo perchè, che era passato troppo tempo. Qualcun altro una volta mi deve aver detto che gli ricordavo la ragazza di autogril, quella bionda senza averne l'aria; eppure io mi sono sempre sentita quella con un posto dentro te in cui fa freddo e nessuno pare l'abbia mai capito. La mente ancora va, senza catene, come il falco di Grignani e sono le 11.20 e dovrei dormire. Da quanto tempo non pensavo a quegli anni, a quei luoghi, a quelle emozioni. Erano anni intensi, di fatti e di persone. Ero a casa, eppure spesso anelavo a essere da qualche altra parte ..Così dicevi e mi chiedevi professore, dimmi se sono un qualunquista un uomo ad ore... Questa è spuntata da chissà dove, mi piaceva tanto. Quando ero più giovane parlavo a testi di canzoni, ne sapevo decine, mi vantavo di essere un jukebox, cantavo a richiesta nonostante sia sempre stata notevolmente stonata. Dove sono finite tutte quante? Per stasera è una domanda che resta lì senza risposta, perchè si è fatto tardi, davvero, e non è sano rimpiangere i 20 anni, le notti stellate e la chitarra. Le notti stellate alla fine son sempre lì, me n'è capitata una sotto mano di recente, con Orione splendente sopra la testa, il mare calmo davanti e una bambina per la mano a cui mi sono ritrovata a sussurrare ... sentì che era un niente, l'oceano immenso di fronte. Ora è tempo di dormire accanto a quello a cui un tempo dedicai "L'uomo che cammina sui pezzi di vetro" (che non apprezzò, perchè odia la sfigata canzone italiana). Domani è un altro giorno e qui c'è da rititarle su, le barricate. Però non ho mai detto che a canzoni, si fan rivoluzioni, si possa far poesia... e invece pare che si studi a scuola, Guccini, al giorno d'oggi e questa, ecco, proprio non mi va giù. Mi consolo che quei due forse studieranno Bob Dylan.