Monday 31 December 2018

Non credo di aver mai fatto un resoconto perchè che ci sarà mai da riportare... ma invece penso che, a una certa età, uno deve cominciare a rendicontare le cose belle, sennò alla fine non si fa che scrivere della fatica e delle beghe, e non va bene. Il 2018 non è stato male in fin dei conti: non certo tutto rose, fiori, colori e palloncini; ma sono successe tante cose importanti, che hanno contribuito a muovere pedine in varie direzioni. I risultati si vedranno negli anni a venire, ma speriamo che le mosse siano state azzeccate. La cosa principale è che siamo ancora tutti e 4 qui, sani e insieme, che già di per se è un traguardo non da poco. Siamo sempre a Houston, ed abbiamo consolidato l'idea di starci almeno un altro po', idea fattasi reale non senza incazzature, pianti, pensamenti e ripensamenti. B e F crescono, rompendo una discreta dose di palle e bilanciando con amore incondizionato (dato e ricevuto) in ugual misura. Io ho avuto quanche soddisfazione lavorativa e qualche delusione lavorativa, mi sento a tratti in trappola in un posto ostile e a tratti nel migliore del mondi possibili, insomma mostro sbalzi d'umore chiaramente attribuibili alla imminente menopausa. Il 2018 ha segnato la conversione della mia casa di Firenze in un Airbnb, progetto che cullavo da tanto tempo, che si è realizzato grazie a delle persone care che mi hanno aiutato in maniera incredibile. Abbiamo venduto la casa della zia, che poi è la casa in cui sono cresciuta, e, benchè non fosse culla di chissà quale ricordo meraviglioso, resta sempre un altro pezzetto di vita che se ne va. Ho infine guadagnato un nuovo nipote, ultima (credo) aggiunta a una banda nutrita di cugini. Ma la protagonista indiscussa del 2018 resta la bicicletta: lei (o meglio loro) ha segnato il mio ritorno allo sport, alla socialità legata alla vita sportiva (che poi sempre resta la parte megliore), il mio tentativo di riacquistare una decente forma fisica, la riscoperta della libertà provata quando i pensieri vanno liberi, il mondo scorre a lato e il vento soffia addosso (meglio se da dietro). Ogni ora rubata, ogni miglia pedalata, ogni birra bevuta in compagnia parlando di roba da addetti ai lavori tipo KOM, PR, segments, speed, avarage, ogni maglia sponsorizzata, ogni soldo speso in accessori o babysitter, valgono tutto l'oro del se riconquistato, della libertà ritrovata e del piacere di continuare a andare avanti.
Snow White, Bella and the Beast


Thursday 15 November 2018

Four ocean

Io all'ambiente ci tengo. Non solo perche' ci vivo dentro, ma anche perche' credo che se un dio c'e', e' li', nella natura, nella terra dei boschi, nell'acqua del mare, sulle vette innevate e pure nella piana texana (o di sesto fiorentino).
Se un c'e', pace, ci tengo lo stesso, perche' e' la Terra su cui si vive e la solita su cui vivono i miei figli e vivra' la mia, spero immensa perche' il sangue bono va preservato, progenie.

Circa sei mesi fa ho fatto un patto con me stessa: oltre alla solita raccolta differenziata e minimizzazione degli sprechi, che qualche anno fa mi e' costata l'etichetta di psicopatica, ho deciso di donare dei soldi ogni mese a una associazione ambientalista. Il mio programma e' cambiare associazione ogni anno, ma donare alla stessa associazione per un anno intero.
Quest'anno ho scelto 4ocean.
4Ocean e' una for-profit che letteralmente pulisce i mari dal sudicio. E' nata dall'impegno di due surfisti, che, a Bali, rimasero esterefatti dalla quantita' di plastica e spazzatura che stagnava sulle spiagge. Parlando con i pescatori locali, conclusero che, siccome nessuno li pagava per pulire, ma venivano pagati per pescare, loro pescavano in mezzo al sudicio. E' una logica piuttosto schiacciante, di fronte a cui noi fighetti di questa parte del mondo magari rabbrividiamo, ma e' la realta' dei fatti, con i quali, ci piaccia o no, dobbiamo fare i conti e dai quali dobbiamo partire per cercare di migliorare le cose.
Allora loro hanno deciso di iniziare a vendere braccialettini, ognuno per $20. Per ogni braccialetto venduto si impegnano a raccogliere un pound (0.45 kg) di merdaio dagli oceani. La vendita dei braccialetti (e adesso di altro merchandising) finanzia le spese vive (barche, reti ecc) e i salati degli impiegati. Ogni braccialetto e' dedicato a una causa specifica - squali, balene, overfishing, uccelli marini, per dirne alcuni. Parte degli introiti, ogni mese, va a una associazione no-profit che di dedica alla causa in questione. Hanno due campi base, uno in Florida e uno a Bali, si stanno ingrandendo in maniera notevole, e sono in procinto di lanciare un progetto di drenaggio della spazzatura dai fiumi, per evitare che proprio ci arrivi, la plastica negli oceani. Organizzano anche vari eventi di pulitura di spiagge ai quali si puo' participare come volontari: mi risolvo di portarci i bambini se vengono a Galveston o a Corpus Christi. Fatevi un giro sul loro sito, o sui loro social, e' roba interessante.
Ho collezionato un bel po' di braccialetti. Uno, il primo, quello delle balene, lo porto io da maggio a questa parte. Un paio (overfishing e mangrovie) se li e' presi la Bianca. Da un paio di compleanni a questa parte, li abbiamo iniziati a regalare agli amici e amiche della Bianca. Un'amichetta si e' beccata quello delle tartarughe, un'altra quello degli uccelli marini. A tutte spieghiamo l'arcano, ben consapevoli che a breve saro' la madre piu' odiata della storia, perche' regalo braccialetti ambientalisti invece che giocattoli. Potrei essere peggio, potrei dare via sacchetti di insalata a Halloween.
Se qualcuno conosce buone associazioni ambientaliste che posso finanziare negli anni futuri, mi faccia sapere nei commenti. Il ciclo annuale inizia a maggio, quindi ho ancora sei mesi di braccialettini da collezionare e regalare.

Saturday 13 October 2018

A un certo punto succede

castello di dracula nel casino del piano cucina

A un certo punto succede, dopo mesi e mesi in cui il sabato ci si è alzati alle 6 di mattina come tutti gli altri giorni, si è pedalato per miglia con la stanchezza della settimana accumulata, le preoccupazioni in testa per le cose della vita e il caldo, che un sabato, oggi, una sbotti e non si svegli.
Succede però che il marito sia in viaggio.
E allora succede che alle 11am, una apra gli occhi e si renda conto che i figli, di 4 e 7 anni, sono già svegli da almeno 3 ore. Con un attimo di trepidazione, aguzza le orecchie e sente parlare.
Allora scende le scale e li trova là, perfettamente organizzati, che disegnano davanti alla TV - entrambi hanno account personale Netflix-, che hanno fatto colazione e anche finito di costruire il castello di Dracula di Halloween di Lego. Allora chiedi come va, ancora in mezzo al sonno, e ti dicono: bene mamma, non ti preoccupare.
E qui capisci che ti puoi fare il caffè nel silenzio della cucina e te lo puoi godere scrivendo questo post.
Per quanto la mia casa sia un immenso casino di giochi ovunque, libri in terra e piatti sporchi, succede che mi renda conto che forse, solo forse, questa mattina sarà sempre meno un caso, che loro vanno già per la loro strada, chi ancora parecchio per la mano, chi già molto meno.
Succede, si succede alla fine! che i figli crescano, facciano le cose da soli e abbiano sempre meno bisogno di te. Sta già succedendo, e ne sono grata.

Wednesday 26 September 2018

Cosa restera' di questi anni '80

Chi segue di la', alzera' gli occhi al cielo, ma io non riesco a smettere di pensare a quel cazzo di film e non capisco perche'. OK la storia d'amore totalitaria, che e' una figata e appartiene a un tempo che fu, ma non puo' essere solo quello. Adesso, in pausa pranzo, mi sto ascoltando la colonna sonora e... sta cantando la Berte'. Ecco forse cosa mi crea magone. La cazzo di musica italiana della mia gioventu'. Tutte quelle canzoni legate alle emozioni. La vita prima del demone della reperibilita', senza telefoni e internet. Quando si cercava di settare la radio gracchiante e si registava la musicassetta. Gli anni 80 erano una figata, seppure la morte del gusto. Devo trovare una foto di me alla fine degli anni 80, con la permanente, i braccialetti come madonna, la gonna plissettata e i texani (che dire, il Texas era il mio destino).
Questi erano gli anni 80, gente.


Ho bisogno di vomitare emozioni, gente! Mi manca casa mia. O forse no. Forse mi manca un tempo in cui tutto era ancora intero e tutto il mondo era una possibilita'. Il meglio e' passato.
E poi mi manca il tempo in generale, il tempo di stare con i pensieri all'aria, e le gambe ciondolini, perche' se lo faccio, poi il giorno dopo son cazzi acidi di roba che si e' accumulata. Se la routine si spezza, Fede e' del gatto.
Ditemi di no, ditemi che la mia vita non sara', da qui alla fine, una corsa insensata per far sempre le solite cose: sveglia, scuola, lavoro, scuola, cena, letto (e bici - quello OK).
Vacanze, fine delle vacanze. Caldo, meno caldo, amici che se ne vanno. Aerei. Anno dopo anno, con i figli che crescono e noi che si invecchia. Invecchiare mi fa cacare.

Allora, qui lo dico e qui lo nego, ma il mio nuovo progetto di vita e' la pensione! A 55 anni. E ristrutturare il Casoncello, per poi prestarlo a Guadagnino per completare la trilogia!

Ops, ho appena scoperto che io e la Berte' siamo nate il solito giorno! Che e' passato senza lode e senza infamia, insieme al compleanno del mio piccolo Jacopo. 44 anni io, 8 lui. E intanto il tempo se ne va.


Wednesday 22 August 2018

Dal fronte occidentale


Un'altra estate, un'altra festa di compleanno della Bianca, la 7ma per l'esattezza, in piscina, con i suoi migliori amici. Una grossa sfaticata per cuocere la pizza e preparare tutto, ma un gran successo - nella scala di una festicciola di compleanno, ovviamente.
Un po' di amici di vecchia data, riuniti intorno a un bel po' di lattine di birra, a parlare di maestre, logistiche, traslochi e piani futuri.
Un'altra ultima settimana di vacanza prima del primo giorno di scuola (con entrata alle 7.30 am).
Una serie di persone nuove conosciute tramite la mia nuova squadra di bici, che, oltretutto, e' di una brewery locale. Bici e birra a gogo', non posso chiedere di meglio.
Un'altra corsa devoluta a una causa ambientale - le mie favorite - a cui potro' partecipare grazie al supporto dei amici lontani che, evidentemente, ogni tanto mi pensano.
Quattro biglietti vinti, ed io non vinco mai granche'.
Un nuova sottoscrizione a un sito di moda, che mi ha assegno una stilista personale e mi manda un pacco di vestiti da provare ogni due mesi. Mi sono provata (ed ho tenuto) abiti che mai e poi mai mi sarei nemmeno sognata di tirare fuori dalla gruccia.
Una promozione, secondo me assai meritata, che mi posiziona esattamente dove dovrei essere (per titolo e soldi), finalmente. Non ho ancora firmato il contratto, ma confido nel fatto che sia un formalita'.
Un appartamentino a Firenze che vede un via vai di viaggiatori entusiasti. Adoro la mia casa e viaggiare e l'unione delle due cose e' sublime, sopratutto vista con gli occhio di gente di tutto il mondo.
L'aver imparato ad accettare che il corpo invecchia e che bisogna ridimensionare le aspettative sportive. E va anche bene cosi'.
Un sacco di amici a giro per gli States che mi mandano messaggi entusiasti e foto magnifiche. Mi fa sempre piacere che la gente apprezzi il paese che mi da il pane e che certi stereotipi, se pur parzialmente giustificati, cadano dalla testa delle persone a cui tengo.

Ho riletto gli ultimi post e mi son messa nei panni di chi mi legge.
Mi e' presa depressione per loro.
Lo giuro, la mia vita non e' fatta solo di lutti e giramenti di maroni.


Saturday 11 August 2018

Namaste

Avevo fatto yoga a fasi alterne per anni, iniziando forse nel 2008 o 2009 nelle classi dell'Imperial College. John lo sapeva che avevo un rapporto un po' così con lo yoga, che mi piaceva, ma che era anche legato a una fase molto emotiva della mia vita. Ma insomma mi sentivo fisicamente una merda, dopo la terza gravidanza, e John faceva del suo meglio per incoraggiarmi a rimettermi in forma.
Una volta mi lasciai convincere e ti scrissi.
-Vieni alle 7 il giorno talditali, quando molti degli studenti stanno per finire la loro pratica, così c'è modo di fare la lezione introduttiva-
Nei tre anni successivi, ci ho provato e no, lo ammetto, a inserire la pratica regolare di Ashtanga nella mia complicata vita. Ma era un casino, perchè John aveva già una pratica regolare che voleva assolutamete mantenere, e se lui era in studio, non ci potevo essere io.
Allora mi ero arresa, per il momento, a fare dell'Ashtanga la mia pratica estiva. A mo' di campo scuola. Tre settimane, un mese, due settimane e mezzo di pratica intensa e poi chi vivrà vedrà. MI piaceva così tanto, così come mi piacciono tanto quelle settimane di estate da sola.
Pensavo che sarebbe finalmente arrivato anche il mio momento, per srotolare il tappetino ogni giorno e praticare. Era solo troppo presto e dovevo essere paziente.
Ma, senza pudore, mi ripresentavo ogni estate, e anche a luglio l'ho fatto. Io mi ero sentita bene durante le tre settimane di pratica, molto meglio di tutti gli altri anni. Del resto, ques'estate, venivo da un anno di attività fisica, se non intensa, quantomeno costante.
-Non glielo dico nemmeno che ci provo in inverno, se poi riesco, lo vede da solo-
Mi ero sentita bene dicevo, ma ti avevo notato scontroso. Pensavo tu lo fossi con me, perchè mi vedevi come una perdita di tempo. La sera prima di andare in Italia, ti ho salutato un po' meglio delle sere precedenti, dicendoti che partivo, che avresti rivisto John in due settimane o poco più, che avevamo avuto un anno difficile e che ero stata davvero tanto stanca. Ma che stavo molto bene adesso, e che avevo goduto delle mio campo estivo. E ci siamo salutati così, come un'estate qualunque.

Ieri sera, alla tua "pratica in memoria", c'era John. Io ero fuori a fissare la porta. Per due ore e mezzo sono stata fuori a fissare la porta e a piangere, un po' si e un po' no, e a pensare a tutte le volte - troppo poche - che l'ho varcata col batticuore, o con nonscuranza e, infine, quest'estate, con accettazione che era una cosa per me saltuaria. La porta chiusa e me fuori. Un po' simbolo del mio percorso con te.



Friday 27 July 2018

La casa della zia

E me ne sono restata li in piedi per qualche momento. Luce, acqua, gas tutto staccato. Sono entrata ed ho aperto i rotolanti, la porta della terrazza semi aperta come sempre. Le scatole mezze fatte. La cucina deprivata di pezzi di mobilia. Il calendario fermo a Ottobre 2017.
Sono stata li a girare per le stanze, uguali a 20 anni fa, ma anche così diverse. Le foto appese del primo giorno di laboratorio, della laurea, di me piccola. Il porta-musicassette ancora pieno appeso al muro. Quelle stanze vuote, dove non vivo più da oltre 20 anni, ma che hanno sempre un odore familiare, con il rumore della ferrovia e il riscontro che fa sbattere le porte nelle giornate di estate.
Mille ricordi, mille episodi, persone, eventi, parole. Il babbo che bussava alla porta. Lo zio che riposava nel pomeriggio. Gli anni spesi a studiare in salotto, in mezzo alle scartoffie. Gli amici che andavano e venivano come se fosse casa loro, tutti nutriti a the e biscotti.
Le cose buone le avevo gia' portate via a febbraio, per sistemarle in casa a Firenze, diventata AirBnB.  A febbraio era stata una toccata e fuga. Faceva un freddo assassino e davvero non avevo tempo. Avevo raccattato dei ninnoli per riempire un po' gli scaffali. In casa della zia sembrava tutto un ammasso di cianfrusaglie, invece alcuni pezzi sono antichi e belli, probabilmente non di valore, ma sanno di campagna e tempi andati. Anche questa volta avevo poco tempo, quando mai ne ho, se sono in Toscana. Avevo però dedicato gli ultimi due giorni di questo viaggio allo svuotare il garage, che verrà messo in vendita, e così mi sono concessa un piccolissimo viaggio nella memoria, seppur in presenza dell'agente immobiliare. Gli scatoloni che appartenevano a Firenze sono stati riportati a Firenze, le biciclette verrano forse aggiustate e porteranno a spasso ospiti stranieri, ciò che non era più salvabile o non utile è finito nella spazzatura o nel riciclo.
Non credo ci sia più niente da salvare in quella casa. Forse un mobiletto, forse i due lettini. Ho recuperato qualche libro e un vecchio Gioco dell'Oca. Forse dovrò tornare un'ultima volta. Quando quella casa al terzo piano, in quell'orrendo condominio di periferia, se ne sarà andata a fare da casa a qualcun altro, perchè a quello le case servono, non avrò più motivo di tornare in quella via. Da una parte è un sollievo, da un'altra è la cosa più triste del mondo.

Monday 11 June 2018

La fatica che si fa sentire tutta insieme

Ci sono momenti nella vita in cui uno sente il bisogno di depurarsi, di lasciarsi alle spalle oneri e preoccupazioni, di inspirare e espirare e riconnettersi con se stesso, la propria famiglia e il mondo. Io sono in uno di quei momenti. In viaggio verso Nord, con J che guida e B&F dietro che guardano X-men sull’ipad per ammazzare la noia di qualche ora di viaggio in autostrada. Io invece adoro le ore di viaggio in macchina con il mondo che mi scorre di fianco e io che lo guardo; perchè niente è più bello del mondo, nonostante Trump, Salvini e compagnia cantante.
È stato un anno molto difficile. Avevo accennato che non aspettavo il 2018 con ansia, perchè sarebbe stato un anno complesso, ed uno di quei rari casi in cui, comunque andasse sarebbe andata male. Infatti uno dei possibili scenari si è verificato e, come atteso, è andata male. Anche lo scenario opposto sarebbe stato assai complesso, quindi , dal mio punto di vista, meglio così. Spero che sia l’inizio di qualcosa di positivo, lo scopriremo solo vivendo (un altro paio d’anni). La mia esistenza pubblica nell’ultimo periodo si è risolta tutta intorno alla bici. Ci sarebbe stato spazio per innumerevoli post passivi-aggressivi, ma mi stanno pesantemente sul culo, quindi ho deciso a divulgare solo i momenti lieti, non per gli altri – che volendo mi frega anche cazzo – ma per me, perchè di quelli mi voglio ricordare quando rileggo le gesta passate. Ma è stata un’annataccia ed io ho assorbito tanta di quella tensione e stress, che ho fatto il botto, mentale e fisico. Ieri, come si conviene, il secondo giorno di vacanza mi sono ritrovata a frignare in mezzo a Hot Springs, per il nervoso di non poter entrare al bagno termale perchè i bambini sono troppo piccoli. E ho pianto e pianto e pianto, come a iniziare a buttare fuori tutta la merda accumulata; tutta la rabbia per la perdita della zia, che è solo l’ultima perdita di tante – troppe - persone care, tutto lo sconforto per la partenza della mia cara amica, che oggi prende l’aereo verso una nuova vita a casa sua; per l’impotenza di un lavoro che cerca di risolvere uno dei più grossi mali del mondo, ma non ci riesce e fallisce sulla pelle degli amici, che muoiono senza che noi, da quei palazzi di cristallo costruiti a forza di miliardi di dollari, si riesca a fare nulla per evitarlo. E mi si è pure infiammato un nervo della schiena, che mi dà le fitte mentre cammino, dietro, davanti e dappertutto. E ancora piango un po’, mentre la strada mi scorre davanti, in mezzo ai boschi e ai laghi, ai fiori gialli selvatici a bordo strada, nel sole del mattino.
Ieri a Hot Springs ho comprato un balsamo di quelli olistici caldo-freddo sticazzi, ieri sera mi sono massaggiata la schiena e oggi mi sembra mi faccia meno male. La mia amica starà benone nella sua nuova vita a casa sua, chiudendo il cerchio che l’aveva fatta partire 10 anni fa. Il mio lavoro continuerà a fare del suo meglio, un piccolo passo alla volta; non risolverà mai il problema, ma migliorerà la vita di qualcuno.
Lo so come vanno queste cose, ora mi sento sola come un cane e incompresa dal mondo intero, domani andrà meglio e il giorno dopo meglio ancora, e mentre la strada mi scorre davanti, tutta la merda scivolerà via - forse.
Mi aspettano foreste, città e laghi. Andrà tutto bene, alla fine. Come sempre, quando le cose si guardano dall’angolo giusto. Ma adesso, maremma che magone!


Tuesday 1 May 2018

Due ragazzi del borgo...

Non credo che mi sentirei a posto con me stessa se non documentassi questa fase della mia vita sul mio blog.
Per chi mi ha seguito durante gli utimi 6 mesi su Facebook, o peggio ancora, è costretto a vedermi tutti i giorni, non ho nulla di nuovo da dire. Ho detto tutto qua e non vi tedierò oltre. Ci si vede al prossimo post.
Per il resto del mondo...
Lo scorso weekend abbiamo completato la BP MS150, un evento ciclistico che dura due giorni e che consiste nell'andare in bici da Houston a Austin, che sono approssimativamente 150 miglia. Per chi odia il sistema imperiale, sono 278 Km. Approssimativamente la distanza che c'è fra Firenze e Roma. Noi ne abbiamo fatti esattamente 281.8 di Km, in due tappe, nella campagna texana, che non è affatto tutta pari come pare in macchina. La campagna texana è il regno del falsopiano.
È stato un viaggio notevole, mentale e fisico intendo, da gennaio quando abbiamo cliccato sul tasto "registrati" a l'altro ieri.
A gennaio la Fede era una tipa a cui piaceva andare in bicicletta, assolutamente ibrida da strada, che usava la bici per andare a lavoro la mattina, per portare i figlioli a scuola, per andare a fare una gita la domenica.
A fine aprile la Fede è una tipa che possiede una bici da corsa con asta in carbonio, 4 jersey con le taschine dietro, due calzoncini imbottiti, guanti, due caschi e due giacche antivento. Il guardaroba ciclistico si allarga ogni volta che la Fede apre eBay - si perchè la Fede resta tirchia e la roba tecnica costa irragionevoltemente troppi soldi. La Fede pedala 60 Km senza fermarsi nemmeno una volta (è Pistoia-Firenza anda e rianda, gente), a una velocità media 27 Km/h e le girano anche perchè il gruppo che ha deciso di seguire sta andando troppo piano. La Fede conosce marche di bici da corsa e le distingue da quelle di mountain bike. La Fede è passata al lato oscuro e si è trasformata in un essere che in Australia è conosciuto come MAMIL, che sta per Middle Age Man In Lycra. Si proprio quell'essere che fino qualche mese fa ha preso per il culo fino alla morte.
E perchè lo ha fatto? Perchè ha riscoperto quel senso di libertà che solo lo sci le sapeva regalare, e siccome non scia da tempo immemorabile, aveva assolutamente dimenticato. Se non ti fai prendere la mano, la bici non comprende ansia da prestazione, la bici non costa soldi insensati, la bici è in garage e quando hai voglia la pigli e vai. Lei è tua amica.
Cosa è rimasto costante, è l'avversione per i gruppi a stampo militaresco. Abbiamo pensato un sacco, io e J, se unirsi a una squadra o restare indipendenti. Alla fine abbiamo optato per la seconda soluzione. Nell'ultimo mese siamo andati a allenarsi con la squadra di una birreria locale (che poi tanto locale non è più perchè si è venduta a una multinazionale, ma questa è un'altra storia). Corse super ben organizzate, birra gratis alla fine, fiori colori e palloncini, che quasi eravamo pentiti per aver fatto quelli diversi. Poi invece li ho visti l'altro giorno dall'angolo giusto, tutti insieme in massa con la divisa, i maschi alfa in testa, tutti al solito passo, con i leader e le regole e m'è presa un po' d'orticaria. Non credo di poter far parte di nessuna squadra io, se non di quella dei messicani a cui ci siamo uniti, che le regole manco sanno che sono.
Ma a parte questa riflessione filosofica sul mio essere spirito libero, credo che la MS150 sia solo l'inizio di una lunga serie di corse che segneranno i miei anni futuri da atleta.
Al momento, il goal è perdere altri 3 Kg almeno, comprare un altra po' di roba tecnica e segnarmi al prossimo evento, che sarà a ottobre, e che prevede un'altra raccolta fondi.
Per la gioia di chi mi sta intorno.

Saturday 24 March 2018

March for Our Lives - Houston - TX


L'ultima volta che ho manifestato era contro la riforma Gelmini. Feci una lezione in piazza sulla chimica in cucina, annunciando al popolo che, se nulla fosse cambiato, l'anno successivo avrei ingrossato le fila dei cervelli in fuga. Non immaginavo quanta verità fosse contenuta in quelle parole.
Era il 2005. L'anno dopo partii per Londra e non ho più manifestato per nulla.
Stamani mi sono svegliata alle 7, come al solito. John è in California, i bambini mi russavano addosso. Mi sono ricordata che era il 24 marzo e che John ci teneva tanto. Ma avevo anche parecchio sonno, e, poi, chi me faceva fare da sola con i figlioli?
Alle 7.30 era sveglia anche la Bianca, più o meno. "Andiamo a una manifestazione?' "Cos'è mamma? Dobbiamo camminare tanto? No dai..." "È un modo che i cittadini hanno di dire a chi ci rappresenta - NO, THANK YOU -" Alle 8 eravamo tutti in piedi con caffè e succo di mela, pronti per approntarsi a partire. Alle 8.40 eravamo fuori casa, in direzione della fermata del tram. (Sì, Houston ha dei mezzi pubblici che anche funzionano, se uno li sapesse prendere). Il raduno era alle 9. Ho pensato che meglio tardi che mai.
Alle 9.40 eravamo a Tranquillity Park, luogo del raduno. Alla fermata di downtown abbiamo incontrato un gruppetto di signore di mezza età "Hai coraggio a venire sola con due bambini piccoli, ma è importante mostrare che non è solo per i ragazzi delle superiori" "Coraggiosa o matta, lo devo ancora decidere. Avete mica una penna?" Mi era sovvenuto che se avessi perso Fabio fra la folla, sarebbe stato interessante, quindi ho scritto a entrambi sul braccio il mio numero di cellulare. "Se vi perdete andare da una signora o da un poliziotto e dite di chiamare la mamma".
Tranquillity park era stracolmo di gente, cartelli, striscioni. Tanta, tanta, tanta gente. Tutti li a manifestare per una legge sul gun control. Perchè sì, nella Land of Freedom, nel 2018, è necessario tentare di convincere il governo che vendere armi di distruzione di massa a cani e porci non è una buona idea.
Ma questo conta poco, perchè questa classe dirigente non è eterna e i futuri leader erano lì, a urlare "this is what democracy looks like" e "gun control now".
Ho avuto le lacrime agli occhi e il groppo alla gola tutto il tempo. Ho manifestato tanto in gioventù. Ma oggi, oggi... oggi ha avuto un sapore diverso. Quello della paura per i miei figli, quello della consapevolezza che manifestare e basta serve a poco, quello della speranza di un cambiamento vero.
"Bianca la democrazia è quella cosa in cui noi decidiamo chi ci rappresenta attraverso il voto e se non ci sta a sentire non lo votiamo più. E questo è il nostro modo di dire - no, thank you -"
Poi siamo tornati a casa pian piano, sempre con il tram. E li ho portati a mangiare il pollo fritto, perchè se lo sono meritati: sono stati molesti, sì, ma non troppo. E hanno anche guardato Harry Potter sbracati sul divano mentre io facevo il cambio di stagione. Dopo un po' li ho sentiti che avevano spento la TV e che cantavano " Eh eh, oh oh, the NRA's got to go!". C'è speranza. Oh sì che c'è speranza.
We have failed our children, now let's walk behind them!

Wednesday 14 March 2018

Il Rodeo e le sue riflessioni


Ieri siamo stati al Rodeo, tutti e sei, i cinque Calabrese ed io.
Il Rodeo, che per quanto non-vegano, politicamente incorretto, white-supremazzista, pratica troglodita a me mi gasa a bestia, ha lasciato B&F abbastanza indifferenti.
Beh, F ha a più riprese enfatizzato il fatto che vuole diventare un cowboy o correre in groppa a una pecora come i bambini in gara, ma non mi son sembrati galvanizzati come ero io, ecco.
Invece si sono svegliati e intrippati alla grande al concerto a seguire. Suonavano gli Zac Brown Band, gruppo country a quanto pare pure famoso, di cui io ovviamente non avevo mai sentito parlare. A onor del vero, conoscevo due o tre canzoni, sentite chissà dove, ma come mi succede oramai da almeno 15 anni, figurati se avevo associato canzone a cantante.
La prima volta che sono stata a un concerto avevo tipo 14 anni e suonava tipo Claudio Baglioni.
Fabio ne ha 4 ed ha belle visto più mondo di parecchi. Ogni tanto mi interrogo se tutti questi input non siano dannosi. Che cosa gli resta da scoprire, a  questi figlioli, poi, da grandi? Io non avevo visto nulla, ma loro? Loro hanno viaggiato, visto, fatto disfatto. Preso aerei, navi, barche, treni. Hanno cambiato case e continenti. Hanno visto montagne, oceani, pianure. Hanno mangiato cibo internazionale dalla nascita. Che cosa riuscirà mai a stupire questi ragazzini di terza generazione? Poi mi dico che il mondo è grande e va avanti assai veloce e forse verrà fuori qualcosa che oggi non esiste e che questi bambini internazionali ameranno e io che io mai capirò. E mi va bene così.

Sunday 11 February 2018

Passioni


Negli USA i tatuaggi vanno alla grande, molti si pitturano tutti, altri si tatuano qualcosa in cui credono, o un nome, una data, una grande passione. Ieri, pensavo che se avessi dovuto farmi un tatuaggio per tutte le cose a cui mi sono appassionata negli ultimi 43 anni, sarei tutta disegnata.
Avrei una ginnasta o una ballerina stilizzata - o magari la serotonina, tanto per unire passione a lavoro; la tartaruga tribale, che un sub su due sfoccia sulla spalla; il berimbau, che un numero indecifrato di capoeristi porta impresso su braccia o gambe; e adesso, una bicicletta.
Invece non ho nemmeno un tatuaggio. Ho brevemente considerato di farmi tatuare una J con le ali - che sta per Jacopo e non John, perchè meglio non rischiare di fare come Johnny Depp - ma ho velocemente lasciato perdere.
Niente mi è mai sembrato così importante da essere definitivo, eppure mi sono dedicata, o mi dedico, a tutte le attività di cui sopra con immenso trasporto. La verità è che non mi piace fare parte di una categoria e adeguarmi agli standard e alle regole dei circoli sociali che si creano intorno a ogni attività.
Così, l'ambiente della danza, con le calze da comprare proprio di quella marca lì, i capelli che non andavano tagliati e le lezioni che dovevano essere messe davanti a tutto, mi è andato stretto abbastanza alla svelta, nonostante ballare mi piacesse moltissimo e ancora oggi rimpiango l'adrenalina del palcoscenico. Mi considero un subacquo a tutti gli effetti, con i miei quasi 20 anni di brevetto e quasi 60 immersioni a giro per il mondo intero, ma, nonostante abbia nuotato fra i reef più belli del mondo, mi sono sempre rifiutata di comprare attrezzatura che non fosse amatoriale - e tornassi indietro non comprerei nemmeno quella. La capoeira ha segnato la mia vita intera: alcune delle mie amicizie migliori sono nate lì, per non dire la mia famiglia. Eppure, nonostante adorassi il gruppo in cui sono nata (o rinata, se si vuole), la divisa mi è sempre stata sui coglioni, e anche tutta una serie di regole e regoline che trovavo senza senso. Ed adesso con la bici, percorro le stesse distanza. La mia bici è una ibrida con ruote pesanti, adatta a percorre le strade sgangherate di Houston e a portare figlioli nel seggiolino. Non avevo dubbi che non ne avrei possedute altre. Invece mi hanno fatto una testa come un cestone e mi hanno convinta a prendere una bici da corda. E allora, nella massima espressione del mio stile, la bici da corsa me la sono comprata usata oggi. Sono andata dal biciclettaio per farla controllare, convinta che sarei uscita con pedali da corsa, le scarpe e i guanti, inaugurando la transumanza verso il lato oscuro. Con mio grande sollievo, il biciclettaio mi ha detto che se io mi trovo bene così, l'importante è fare pochi fichi e - letteralmente - pedalare. Sono uscita con il sorriso stampato, le ruote gonfie e zero dollari spesi. Anche a questo giro l'ho scampata. Così come mi sono rifiutata di andare in giro in pantaloni da danza, orologio da sub e abadà, non mi trasformerò in un ciclista in spandex, agghindato come se dovesse affrontare il tour de france per andare la mattina a lavorare.
Ma pedalare, pedalo.