Sunday 19 November 2017

Verso nuovi challenge

E allora la settimana scorsa abbiamo completato il Tough Mudder Half. Ero preoccupata. Ero sicura che sarei morta sul campo. Ci eravamo allenati, ma non troppo: una ruotine per rafforzare le braccia di un'ora, 3 volte alla settimana, non sempre rispettate a causa di varie e eventuali, iniziata a metà agosto. Pochissima corsa - troppo poca. John era convinto che fosse solo una passeggiata di salute, io ero convinta che stessimo facendo il passo più lungo della gamba. La verità stava nel mezzo: l'allenamento di braccia ci è stato sufficiente a completare tutti gli ostacoli senza troppo sforzo, le 5 miglia di corsa campestre e nel fango, seppur interrotte dai 13 ostacoli e delle frequenti pozze fangose, sono state toste, come prevedibile. Non abbiamo corso l'intero circuito, specie verso la fine abbiamo camminato. In definitiva, con notevole allenamento cardio in più, siamo pronti per il Tough Mudder Full, a cui ci siamo già iscritto per l'autunno prossimo.




E fino all'anno prossimo? Oramai siamo carichi e non possiamo certo demordere.
Allora abbiamo rispolverato un progetto che avevamo già lo scorso anno e che poi per prigrizia non abbiamo mai portato a termine: l'MS150.
L'MS150 è una bicicletta da Houston a Austin, che sono appunto circa 150 miglia, da compiersi in due giorni a fine aprile. È un evento di beneficienza che va a finanziare la Società Nazionale contro la Sclerosi Multipla, da cui MS.
Per partecipare, si paga una quota di $100 a testa e SI DEVE tirare su $400 a testa in donazioni, pena squalifica. Questa seconda parte ci bloccò lo scorso anno. Quest'anno, ripensandoci, abbiamo valutato che se 40 dei nostri amici donano $10 siamo a posto. Considerando che io ho quasi 400 amici su FaceBook, abbiamo valutato che ce le potremmo fare.
E ci siamo iscritti ieri, con l'intenzione bellicosa di iniziare allenamenti oggi.
Sono stata giù a gonfiare le ruote della bici e mi è scoppiata la camera d'aria...
Chi ben comincia è a metà dell'opera.
Nel mentre che vado dal biciclettaio voi fate un giro sulla pagina della squadra, che al momento conta solo me e John, sulla mia pagina ufficile, o sulla pagina Facebook del fundraising mia o di John. Conto di usare la pagina Facebbok come blog per quanto riguarda questa avventura. Se vi interessa vedere roba tipo mappe, tempi, progressi e cose ossessive compulsive su questa linea, seguite le mie vicende lì, sennò valutate di dare a me o a John i vostri $10 e dimenticativi di tutta 'sta storia.
Buona domenica.

Friday 3 November 2017

Alla mia zia


Avrei voluto alzarmi in piedi in mezzo a quella stupida messa, mentre il prete sproloquiava sul senso cristiano della vita e della morte, sulla necessità del pentimento e della conversione, e come la vita debba essere, in fondo, solo un tetro e faticoso cammino alla conquista di chissà quale aldilà.
Avrei voluto alzarmi e fare presente che eravamo lì per celebrare la vita di quella donna, non per dipingere i neri contorni di una morte qualsiasi.
E lei di vita ne ha vissuta tanta, ben 88 anni, quasi. Una vita forse non colma di avventure, follie e divertimento, ma strapiena di gentilezza e gesti piccolini, nello scadere lento delle ore e dei giorni, spesso tutti uguali, in una routine che lei trovava rassicurante. Lei stava bene così, con le sue cose e i suoi gatti. Era una tizia di altri tempi, come del resto non mancava di ripetere spesso.
Lei, come qualcuno l'ha definita, era un gigante silenzioso, lei era lì, sempre, nonostante tutto, munita di caramelle e lingue di gatto, per chiunque andasse a casa sua.
Noi eravamo piccole piccole quando abbiamo per la prima volta varcato la soglia della sua casa, per restare. Avevamo perso nostra madre, e, con lei, tutto: la nostra casa, la vecchia scuola, i primi amici. Avevamo perso la serenità. Avevamo per sempre compromesso la nostra infanzia.
Lei ci ha aperto la porta di una realtà nuova, in quella casa non bella, in quella nuova camera accanto alla ferrovia dall'altra parte della città, che allora sembrava un continente diverso.
E da lì siamo ripartite, traballando, un giorno dopo l'altro, alla ricerca di una nuova normalità.
Lei era lì, a casa, che aspettava. Era lì quando tornavo da scuola vomitando, da ballare senza chiavi, dalle vacanze con una valanga di panni da lavare. Era lì quando avevo bisogno di ripetere filosofia, di piangere una rottura con un fidanzato, di gioire per la laurea, di comprare un vestito nuovo. Era lì per tutti gli amici che venivano a casa a studiare, che, alla fine, ha tirato su un po' anche tutti loro.
Era lì, e questo mi è bastato per ritrovare una parvenza di stabilità. Lì sono cresciuta, fra l'amore per lei e l'odio per tutta la situazione, per diventare quella che sono oggi. Molto lontana da quello che era lei, ma che da lei ha imparato che l'amore, quello vero, è libertà. È un bene che si dona gratis, senza aspettarsene in cambio, senza ricatti o compromessi. Si ama, e basta.
Quando era nei suoi cenci, mi diceva sempre che voleva che fossimo libere. Libere di fare le nostre scelte, libere di vivere la nostra vita come meglio credevamo, responsabili, noi sole, per le nostre azioni. Libere economicamente. Libere dal dipendere da un uomo. Forse era una femminista mancata, la zia Teresa. Se glielo avessi detto avrebbe riso, dicendomi "sì, ecco", da dietro a quella coltre di preconcetti e minchiate che gli anni della guerra avevano contribuito a inculcarle. Eppure era avanti anni luce, senza nemmeno saperlo.
Se avrò la fortuna di arrivare alla sua età, spero che i miei figli, davanti alla mia morte, provino la tristezza serena che ho provato io. Allora saprò che avrò compiuto il mio dovere e me ne potrò partire senza pesi sul cuore.