Tuesday 18 October 2016

We care about your memories

Oggi Facebook, con cui ho un rapporto amore odio, ma che ancora non ho mandato definitivamente a cagare perchè unica mia fonte suprema di conoscenza, mi ha dato il buongiorno con questo.
5 anni fa, oggi, sentivo il bisogno di aggiornare il web che ero sulla via dell'aereoporto. Con la Bianca. Che aveva poco più di due mesi e che prendeva il suo primo aereo, British Airways, rotta Londra-Pisa.
L'anno prima, oggi, mi scadeva il tempo del suo fratello ed avevo fatto un sacco di progetti di passare mesi in Italia, nella mia casa di Firenze, con il bambino neonato, a godermi gli idilli della maternità. L'anno prima tutti quei sogni e quei progetti erano andati a puttane ed era una beffa. Lo schiaffo finale. La calcio nelle costole a quello che già rantola per terra in preda a un infarto.
L'anno dopo mi accingevo a spolverare qualcuno di quei progetti, ma il cuore era pesante e la bocca amara. Sapeva di minestra riscaldata, di festa rimandata, di qualcosa che aveva un retrogusto patetico. Ero patetica, che cosa cercavo di fare? Quello che era stato era stato, tutto era andato a farsi fottere, tanto valeva stasersene a Brentford Docks con le papere e le nuove amiche.
Ma in Italia sentivo il dovere di andare, per far conoscere la bambina alla nonna e ai parenti, nonchè alle flotte di amici che non sapevano nemmeno che fosse stata in arrivo.
Mi ricordo benissimo quel giorno di cinque anni fa, anche senza l'aiuto di Facebook, come una giornata amara. Nonostante l'emoji con il sorrisino di circostanza.
In Italia passai quindici giorni, dormendo sul divano della mia sorella, e andò benissimo. Avevo decine di amici che non mi vedevano da più di un anno, da quando esisteva ancora la vecchia me, che non osavano chiedere come andava, ma che erano sinceramente preoccupati e ansiosi di vedere che faccia avesse quella nuova me.
Andò benissimo.
La Bianca dormì per quasi 15 giorni filati, buonissima, ovunque, conquistandosi il titolo di pupattola finta. In retrospettiva, forse, conoscendola ora nello splendore dei suoi 5 anni e due mesi, per lei c'era semplicemente troppo casino e troppa gente e, saggiamente, decise di salutare la curva e dormire. Lo fa ancora, di mettersi da parte a farsi i cazzi suoi, quando la situazione non la soddisfa e gli amici diventano troppo entranti.
Io andai a mille cene/pranzi/colazioni/aperitivi, vidi tutti o quasi e rimisi un po' di conti. Qualche programma sfumato l'anno prima fu messo in atto. Qualche lacrima fu versata. Molta Toscana venne percorsa in macchina, in solitaria, io e quel cosino nel seggiolino che se la ronfava.
Sì, ha avuto tutto il tempo il sapore della festa di compleanno rimandata per condizioni metereologiche avverse, quando spengi le candele, ma lo sai che non è più il tuo compleanno e ti ricordi di quanto il tuo compleanno vero abbia fatto cacare, perchè eri sola in una stanza a piangere davanti a una candela spenta. Ma una festa, anche se rimandata è una festa. E i demoni vanno prima o poi guardati in faccia per sputargli fra gli occhi.

Sunday 9 October 2016

4 borse, 2 bambini e una macchina in Colorado


Avevo iniziato a tenere un diario di viaggio di quelli fatti bene, solo elettronico, perché esperienza da mamma viaggiatrice mi insegna che il diario di viaggio di questi tempi si scrive quando i figlioli dormono e la luce è, quindi, spenta.
Ho riportato con dovizia di particolari il viaggio in macchina da Houston a Santa Fè, con cena al ristorante vegano di Forth Worth e sosta notturna al motel di Wichita Falls, poi mi si scaricato il computer appena messo piede a Grand Junction. Qui ho realizzato che avevo inesorabilmente perso il caricabatterie, probabilmente lasciato nell'ostello di Santa Fè, unico AirbBnB che si guarda bene dal rispondere ai messaggi. Quindi tutto è andato narrativamente perduto ed ho deciso di documentare il viaggio in maniera social e globalizzata, postando foto di paesaggi mozzafiato e bambini sudici su FaceBook. Peccato che da FaceBook non trapelino fantozzate e figuracce, aneddoti e commenti, stupore, ammirazione, incazzature e battibecchi.
Nel primo trekking a Mesa Verde National Park, il ranger ci ha fatto notare che tipo di genitori immondi eravamo a tentare la discesa nel canyon con un bambino piccolo senza cappello. Abbiamo perciò comprato un cappello da Junion Ranger, rassicuratato l'apprensiva signora che ci stavamo avventurando nella selva oscura con sufficiente provvigione di acqua e iniziato la discesa, al seguito di una famiglia munita di nonna, neonato in marsupio e una manica di ragazzini. Questo trekking non doveva essere poi così terribile. Infatti ce la siamo cavata, con un po' di difficoltà sui gradoni, qualche lamento verso la fine, ma tutto sommato senza grossi intoppi. Bambini crollati di stanchezza a tavola. Nanna in un piccolo motel di provincia a Cortez, a 10 min scarsi dal parco. Missione compiuta.
A Grand Junction ci siamo avventurati al Colorado National Monument, con tanto di trekking culminante su una roccia che si chiama Devil's Kitchen - notevole - dove abbiamo incontrato una mamma con 5 figli dai quattro anni in su, che si arrampicavano come capre svizzere in ogni dove, seguiti senza indugi dalla B. F dopo qualche tentativo, ha asserito, in italiano rotto, che la montagna è grande e lui è piccolo e che si sarebbe seduto lì a mangiare i goldfish. E così è stato, senza se e senza ma. La giornata è proseguita fra polvere e meraviglia, scandita da vari avvistamenti di falchi pellegrini, ossessione del momento dei minori di famiglia. Ne abbiamo avvistati a decine, anche perché la  categoria copre ogni pennuto, dai corvi alle aquile reali.
Dopodichè c'è stata una giornata di intensa guida, per la strada fino a Denver, fra boschi e laghi, cittadine montane che ricordano molto quelle delle Dolomiti e meraviglie varie. Denver, così come Bolder, sono state belle scoperte inaspettate. Uno crede che le città americane lascino il tempo che trovano. Tutte quante, eccetto forse New York e San Francisco. Cazzata, quest'ultima, da europeo con la puzza sotto il naso. Certo non trovi il paesino medioevale con resti romani, ma trovi città che sono città, dove cammini fra monumenti, musei e arredi urbani, fai shopping e ti fermi a bere il caffè. Denver e Bolder sono fra queste, con l'aggiunta che sono popolate da gente costantemente agghindata in abbigliamento sportivo, tante volte ci fosse da scalare una parete e fare un giro in mountain bike, fra un drink e un colpo di carta di credito. I playground, a Bolder, sono pareti da arrampicata. Mi sembra di aver detto abbastanza.
La strada si è poi svincolata fra altri due parchi notevoli: il Garden of the Gods e il Grand Sand Dunes Natioanal Park, dove l'hiking di un certo livello ha lasciato il posto alla passeggiata con il passeggino o al rotolamento giù da immense, quanto inattese, dune di sabbia. Non è potuta mancare la fantozzata finale, costante di ogni nostro spostamento. La mattina dell'ultimo giorno, quando il programma era tornare a fare sand boarding sulle dune prima di dirigersi verso il Texas, la macchina non si è messa in moto. Sì, eravamo in un AirBnB in mezzo al nulla. No, non era la batteria. Abbiamo passato l'ultimo giorno di ferie bloccati in una cittadina non proprio esilarante, con l'ansia di non poter ripartire. Quel motore che si accendeva, alle 4 del pomeriggio, è stata la più soave delle musiche. Da qua è stato tutta guida fino a casa, dove un ospite e un meeting di lavoro ci attendevano due giorni dopo.
È stato meraviglioso, rilassante, esilarante, non troppo faticoso, rinfrescante e divertente. Una delle migliori vacanze degli ultimi anni, senza dubbio. Un viaggio con la V maiuscosa, quasi - quasi eh - come ai vecchi tempi. Fattibile con i bambini. Alla scoperta di parti bellissime degli States, che da europei nemmeno sapevamo potessero esistere. One State down, many more to come.