Wednesday 27 January 2016

Linearita' o meno della cultura

Come chi segue "Parole in liberta'" sa gia', ho raccattato un collaboratore che mi "aiutera'" a scrivere le review di film e serie TV. L'intento e' ovviamente quello di divertirsi. Il modo dovrebbe essere quello di fargli scrivere su cosa io non guardo, o, per cio' che entrambi abbiamo visto, usare il dibattito e  l'integrazione di elementi che io conosco meno bene, come ad esempio i riferimenti ai fumetti specifici da cui le serie TV sono tratte. Ho letto molto fumetti in vita mia, ma sono un'infante a confronto di certa gente in cui scorre forte la forza nerd, gente a cui il mio collaboratore (e carissimo amico) Francesco fa parte.
Sono stata criticata in passato per questa cosa delle review, perche' mi e' stato detto che non stavo parlando a ragione veduta, che non sapevo nulla del materiale originale e quindi perche' avrei dovuto dire la mia sul materiale televisivo che ad esso si ispirava.
Questo mi ha portato a una riflessione piu' profonda, che medito da un po' di tempo e che si interseca con la mia idea di scuola, adesso che sono costretta a confrontare il metodo scolastico italiano come l'ho vissuto io, con quello americano che mi accingo a conoscere dall'agosto prossimo venturo.
Siamo stati portati a pensare che la cultura sia una cosa lineare: studio la lezione, passo l'interrogazione prima, l'esame poi. Ho un problema da risolvere, lo pondero, mi studio la letteratura in materia, creo un piano di attacco, risolvo il problema. Questo e' in parte la base del metodo scientifico, in effetti: scopro un fenomeno nuovo, lo osservo, lo interpresto, disegno esperimenti ad hoc per provare la mia ipotesi, gli esperimenti funzionano, quindi ho provato la mia ipotesi. Faccio scienza da 20 anni, fosse mai una volta andata cosi'. Scientificamente, la via all'innovazione e' molto piu' tortuosa, procede per piccole scoperte frammentarie, pezzi di un puzzle trovati a volte per caso o per fortuna, che inizialmente possono non avere senso (e spesso non ne hanno) ma a volte, guardati nel loro insieme, dopo tanto tempo e dall'alto, ricostruiscono qualcosa di vicino all'immagine finale ideale.
Questo stesso concetto si applica alla cultura. La cultura non deve per forza essere lineare, non c'e' bisogno di partire a studiare la preistoria per diventare uno storico, si puo' anche studiare il secondo dopoguerra e poi il medioevo e poi magari ci si interessa agli assiro-babilonesi e si legge qualcosa.
Allo stesso modo, non ho bisogno di leggere 900 numeri di Daredevil per avere il diritto o meno di scrivere se la serie TV mi e' piaciuta (la risposta e' si, review a 4 mani con Francesco a seguire, questo sabato) - E comunque i puristi possono anche non leggere -.
Anzi, e questo era il punto focale di questo post, posso prendere spunto dal fatto che la serie TV mi e' piaciuta tanto e leggere i fumetti che mi mancano per ampliare la mia conoscenza del personaggio.
L'idea della cultura lineare, del sapere tutto per poter dare l'esame, e' un male assoluto che mi porto dietro dalla prima elementare. E, badate bene, ha effetti collaterali devastanti, come non fare domanda per un lavoro perche' su 10 requisiti se ne hanno solo 9.
Sto invece imparando quanto sia importante e interessante imparare a riempire gli spazi vuoti, riconoscere i pezzi del puzzle quel quello che sono: pezzi e, invece di frustrarmi perche' non vedo il puzzle, imparare a metterli di lato finche' l'immagine finale non sara' piu' chiara.
Da dove venga lo spunto a riempire quegli spazi o cercare quei pezzi, ha davvero importanza?

p.s. perdonate lo spazio pubblicitario iniziale. Vogliamo, fortemente vogliamo, Francesco e io, traffico di nerd che commentano e si scannano su cose basilari come chi sia piu' forte fra Thor e Iron Man.

Tuesday 26 January 2016

Quando le notizie te le dicono i social.


Non so se sono solo io, ma almeno io non riesco a stare dietro alle cose che succedono nel mondo. Non sono aggiornata sui fatti quotidiani, non so nulla o quasi di politica, cronaca, economica e neppure di gossip. Mi aggiorno regolarmente solo sul tempo metereologico, che sennò qui non si sa mai come vestirsi. La cosa che mi intristisce ancor di più è che tutte le novità sul mondo me le regalano Facebook e Twitter, parziale complice il fatto che non possiedo la TV.
E così dalla mia amica Facebook ho appreso di cose tipo gli attentati di Parigi, la morte di David Bowie, le ultime di Tramp e il Family day. Su molte di queste cose avrei anche un'opinione forte, ma molto spesso me la tengo, perché una che apprende notizie del genere da Facebook, perde il diritto di parola e forse anche di libero pensiero.
Prendiamo ad esempio la storia del Family Day. Ora, io vivo in un paese dove c'è un day per ogni minchiata: il giorno della terra, quello dei nonni, addirittura il Go Texan Day, dove si mandano i figlioli a scuola vestiti da cowboys, per cui il family day potrebbe anche essere uno dei tanti. Basterebbe limitarsi a chiedere ai bambini dell'asilo di fare un disegno che rappresenta la loro famiglia e appendere i capolavori fatti di figurine-stecchino e scritte storte al muro della classe. Poi cosa sono (o quanti sono) gli stecchini poco importa. Vorrei scrivere fiumi di parole indignate su Maroni, Salvini, la chiesa, la mancanza di diritti, ecc ecc, ma come si fa a dire qualcosa che non sia già stato detto, quando si apprendono le notizie da Facebook? È bene che mi limiti, come nei casi precedenti, a metter like a post altrui, scritti bene, che di sicuro centrano la questione e arricchiscono il prossimo.
Il punto è: come si fa a stare al passo con quello che succede tutti i giorni, leggere tutti i nuovi paper, essere al corrente dei nuovi trend scientifici, avere opinioni informate di parenting, preparare cene variegate e equilibrate e magari anche dedicare un'ora al giorno alla cura del corpo? Io getto la spugna, non ce la faccio. Temo che continuerò a vivere così un po' a caso,  a metà fra il menefreghismo e la vergogna, senza avere un'idea non qualunquista di politica e economia, non informata quanto dovrei di nuovi trend scientifici, a parte quelli che apprendo per osmosi ai meeting, abbastanza consapevole di quello che si dice al giorno d'oggi di pedagogia dell'età evolutiva che però nutre la prole in evoluzione, per la maggior parte, a pasta al burro. In questo panorama desolato, evviva Facebook e Twitter che aiutano a farmi sembrare e sentire un po' meno ignorante.

Thursday 14 January 2016

Equilibrio metastabile

Questo trasloco ha avuto un contraccolpo inaspettato di malumore, stress, incomprensioni, tendenze omicide e aggressivita' inconsueta. In casa mia, da qualche giorno a questa parte si urla, scalcia, batte i piedi per terra, tira testate del muro, in scene apocalittiche di cui ci si dovrebbe tutti quanti, grandi e piccini, solo vergognare.
Visti da fuori si sembra matti.
Visti da dentro, un po' mi scappa da ridere. Fosse la prima volta che ci si sposta del tetto natio, potrei capire, ma all'ennesima si dovrebbe aver capito che basta avere un po' di pazienza che poi ognuno, come per magia, ritrova i propri spazi e sa dove sono le pentole, l'interruttore del bagno e il peanut butter. Invece al momento e' un delirio di gente che corre in qua e in la' senza sapere bene perche'.
Per combattere tutto questo casino e mantenere un minimo di sanita' mentale, ogni sera, quando i bambini sono lavati e impigiamati, vado a casa vecchia con la scusa di traslocare qualcosa. La verita' e' che vado li, mi prendo il cappuccino, lavucchio, metto due cose nelle scatole, butto via qualche cartaccia, e mi godo un'ora di silenzio. Completo silenzio.
Mi manchera' quell'appartamentino troppo stretto con troppo spazio sprecato nei bagni. Quell'appartamentino pensato non per una famiglia, ma per un single, che a casa non ci cucina, ma evidentemente necessita si una zona notte agiata. Dopo tutte le maledizioni che gli ho mandato, inciampando in una bambola, pestando un lego e facendomi spazio fra le scatole di cereali. potrei addirittura contemplare di tenerlo, sotto falso nome, fino al giorno in cui mettero' Fabio su un pick-up destinazione college.

Tuesday 12 January 2016

Stabilita' questa grande sconosciuta


Londra - Houston
E con questo fanno 7.
7 case, da quando ho lasciato il tetto familiare, in cui ho vissuto almeno un anno - con un record massimo di 4 e qualcosa e minimo di un po' meno di due.
11 case si se vogliono considerare anche le due a Firenze prima di casa Maggiorelli, la stanza nello studentato a Parigi e il monolocale a Dresda.
5 case con John
3 case con anche la Bianca
2 case con tutta la truppa.
Troppe case.
Emozionalmente oramai e' come cambiare albergo, fisicamente una immensa fatica a aprire e chiudere scatoloni, che pero' oramai faccio con la disinvoltura con cui cuocio la pasta.
Questa volta almeno abbiamo talmente poca roba che davvero e' stato quasi come cambiare motel durante un road trip.
Mi consolo che almeno pare si stia andando nella giusta direzione, sempre meno junk e case sempre piu' grandi. Io e John siamo partiti con uno studio flat di 16m2 nel ridente borghetto di White City (accanto a ospedale e prigione) e, ad oggi, siamo arrivati a una townhome di tre piani con abbondanza di stanze, bagni, garage e amenity americane varie (ma niente letto) nel cuore posh delle Houston medioborghese.
I bambini corrono impazziti da un muro all'altro come se fossero in palestra, si lanciano dalle scale e rotoLano ovunque, mentre io ho da litigare per avere il permesso di comprare un nuova libreria Billy per poter disporre i miei libri in maniera visibile. Perche' lui, il minimalista, in salotto, ci vuole fare capoeria.
Il minimalista sull'uscio