Sunday, 11 February 2018

Passioni


Negli USA i tatuaggi vanno alla grande, molti si pitturano tutti, altri si tatuano qualcosa in cui credono, o un nome, una data, una grande passione. Ieri, pensavo che se avessi dovuto farmi un tatuaggio per tutte le cose a cui mi sono appassionata negli ultimi 43 anni, sarei tutta disegnata.
Avrei una ginnasta o una ballerina stilizzata - o magari la serotonina, tanto per unire passione a lavoro; la tartaruga tribale, che un sub su due sfoccia sulla spalla; il berimbau, che un numero indecifrato di capoeristi porta impresso su braccia o gambe; e adesso, una bicicletta.
Invece non ho nemmeno un tatuaggio. Ho brevemente considerato di farmi tatuare una J con le ali - che sta per Jacopo e non John, perchè meglio non rischiare di fare come Johnny Depp - ma ho velocemente lasciato perdere.
Niente mi è mai sembrato così importante da essere definitivo, eppure mi sono dedicata, o mi dedico, a tutte le attività di cui sopra con immenso trasporto. La verità è che non mi piace fare parte di una categoria e adeguarmi agli standard e alle regole dei circoli sociali che si creano intorno a ogni attività.
Così, l'ambiente della danza, con le calze da comprare proprio di quella marca lì, i capelli che non andavano tagliati e le lezioni che dovevano essere messe davanti a tutto, mi è andato stretto abbastanza alla svelta, nonostante ballare mi piacesse moltissimo e ancora oggi rimpiango l'adrenalina del palcoscenico. Mi considero un subacquo a tutti gli effetti, con i miei quasi 20 anni di brevetto e quasi 60 immersioni a giro per il mondo intero, ma, nonostante abbia nuotato fra i reef più belli del mondo, mi sono sempre rifiutata di comprare attrezzatura che non fosse amatoriale - e tornassi indietro non comprerei nemmeno quella. La capoeira ha segnato la mia vita intera: alcune delle mie amicizie migliori sono nate lì, per non dire la mia famiglia. Eppure, nonostante adorassi il gruppo in cui sono nata (o rinata, se si vuole), la divisa mi è sempre stata sui coglioni, e anche tutta una serie di regole e regoline che trovavo senza senso. Ed adesso con la bici, percorro le stesse distanza. La mia bici è una ibrida con ruote pesanti, adatta a percorre le strade sgangherate di Houston e a portare figlioli nel seggiolino. Non avevo dubbi che non ne avrei possedute altre. Invece mi hanno fatto una testa come un cestone e mi hanno convinta a prendere una bici da corda. E allora, nella massima espressione del mio stile, la bici da corsa me la sono comprata usata oggi. Sono andata dal biciclettaio per farla controllare, convinta che sarei uscita con pedali da corsa, le scarpe e i guanti, inaugurando la transumanza verso il lato oscuro. Con mio grande sollievo, il biciclettaio mi ha detto che se io mi trovo bene così, l'importante è fare pochi fichi e - letteralmente - pedalare. Sono uscita con il sorriso stampato, le ruote gonfie e zero dollari spesi. Anche a questo giro l'ho scampata. Così come mi sono rifiutata di andare in giro in pantaloni da danza, orologio da sub e abadà, non mi trasformerò in un ciclista in spandex, agghindato come se dovesse affrontare il tour de france per andare la mattina a lavorare.
Ma pedalare, pedalo.