Wednesday, 29 June 2016
London Bridge is falling down
Ho lasciato sedimentare i sentimenti per qualche giorno. A caldo sarebbe stato un post pieno di rabbia e delusione. Delusione di che? Che ti frega a te? Hai un passaporto europeo, almeno per ora, e sei residente permanete in America. A te non si è chiusa nessuna porta. Vero. Ma si chiuderà potenzialmente a molti altri che non potranno vivere quello che io ho vissuto.
Ho chiamato Londra casa per quasi 8 anni. Sono arrivata nel 2006 che quasi non parlavo inglese, che avevo viaggiato, si, molto più della media, ma mai per lavoro. Soprattutto non avevo mai tagliato il cordone ombelicale con Firenze. Invece quella persona che scendeva dal bus a Hackney, 10 anni fa, era una persona che imboccava una strada senza ritorno, solo che ancora non lo sapeva.
Londra era grande, Londra era viva, Londra era multiculturale, aperta, tollerante, innovativa. Londra era il futuro e io mi sentivo, nel 2006 quando ci sono sbarcata così come nel 2014 quando l'ho salutata, fortunata a respirare l'aria dell'ombelico del mondo.
Forte di quella sensazione, non avevo dubbi che mai UK avrebbe votato per lasciare EU.
UK è all'avanguardia, mi dicevo. Certo, Londra non è come il resto di UK, ma quanti inglesi delle periferie ho conosciuto, che, sì, rompevano i coglioni con il proper accent e il tea fatto a modo, ma che erano comunque un passo avanti rispetto a noi, poveri caproni italiani, governati da Berlusconi e pronti a ascoltare qualunque fesseria politica portasse lo stendardo del "ti tolgo le tasse, ti porto fuori il cane e ti trombo la nonna", per citare il Benigni dei tempi d'oro.
Giovedì scorso ho parlato con un po' di amici inglesi, tutti eravamo in vena di battute "ti vogliono vuotare fuori dal paese lo sai?" "ma sono già fuori" "si ma vogliono essere sicuri che tu non possa tornare". Emoticon a linguacce e cuoricini, non sarebbe mai successo.
E poi è successo.
Messaggi increduli fino a tarda notte, non è possibile, ma siamo matti. Sgomento da parte nostra e da parte loro. Cosa succede ora a tutti i nostri colleghi europei? E i fondi di ricerca che abbiamo vinto? Che ne sarà della casa che ho appena comprato? Il mutuo aumenterà? Panico. Calmi tutti, non succederà nulla per un po', Cameron si dimette, tutto è in stand-by fino a ottobre almeno.
La rabbia del giorno dopo, quando sono iniziate a uscire le proiezioni dei voti, si è riversata tutta verso le campagne e gli anziani. Non dovrebbero votare, se non hanno idea di cosa stanno facendo. Fate un reality check e assicuratevi che almeno sappiano di cosa il referendum parla, prima di dare loro accesso alle urne. I miei interventi sui social erano tutti su questa linea, specie dopo che sono usciti dati secondo cui la ricerca maggiore dopo il voto sia stata "cosa e' EU?" e "cosa comporta uscire da EU?".
Poi i fatti hanno iniziato a delinearsi. Il referendum è stato indotto per un catfight all'interno dei Tories, la campagna pro-leave è stata guidata da chi ne avrebbe ricevuto vantaggi politici e basata principalmente su dati gonfiati e bugie. "Diamo i 350 milioni di pound la settimana all'NHS, non all'EU", è forse l'esempio più calzante di populismo e demagogia, quasi al pari del milione di posti di lavoro del Berlusconi 2004. Eppure ha fatto presa, eppure i leave hanno vinto. Ed ora è inutile arrabbiarsi con chi ha votato leave, perché, mi duole ammettere, la democrazia è democrazia, ma si può essere sconcertati da quanto i politici inglesi siano caduti in basso, per aver guidato una campagna elettorale che fomenta odio verso il diverso e divisione, che sul lungo termine nuocerà al proprio paese, senza un vero e proprio piano di azione in caso di vittoria, ma solo per il proprio personale tornaconto.
Nei giorni successivi, ho letto decine di articoli, commenti, battute. Ho guardato video di protesta contro il risultato, di protesta contro la protesta. Ho riso - amaramente - a battute su twitter e facebook e reddit, specie riguardanti la concomitante uscita dell'Inghilterra dal campionato europeo di calcio. Ho guardato gli interventi dei leader mondiali al parlamento europeo: l'intervento di Farage (UKIP) è francamente imbarazzante. Let's act as grown ups and secure a trade deal which is advantageous for eveybody. Essere parte del libero mercato, non pagare tasse, e chiudere le frontiere. La versione ultimate della botte piena e moglie ubriaca.
Stamani mi sono svegliata alle 6 e mi sono ritrovata a leggere di nuovo roba sul brexit. Ho bisogno di una pausa da tutto questo. Non so cosa succederà, per davvero. Non so se alla fine il governo inglese farà un passo indietro e non invocherà il trattato di Lisbona e tutto finirà a tarallucci e vino. Forse andrà così e i mercati reagiranno bene, e i mutui non aumenteranno e i miei amici potranno ancora usare i fondi europei per creare innovazione. E fra 10 anni, un'altra italiana potrà scendere dal bus, a Brixton e iniziare una carriera che non si sarebbe mai potuta sognare altrimenti.
Ma resterà l'amaro in bocca per quella metà del paese che si è scoperto razzista e chiuso di mente, nazionalista, bigotto e credulone, che ha invocato i vecchi splendori di un tempo che fu, mostrandosi cieco al realtà dei fatti e cioè che l'Inghilterra è di chi ci vive e contribuisce al benessere della nazione, anche se non è "british enough" perché vive lì solo da 40 anni - o da 2 per quello che conta.
Labels:
Goodbye London,
London,
riflessioni,
viaggi,
work
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment