Era un milione di anni fa, no aspetta era il 1997. Io era un (bel) po’ più giovane, più in forma e più propensa a riempirmi gli occhi di bellezza. Avevo preso il primo aereo della mia vita ed ero andata a fare un pezzo di tesi a Parigi. A Parigi, per la prima volta via di casa, per tre interi mesi. I tre mesi fra i migliori della mia vita. Nella mia stanza di un metro quadro a Orsay, Paris Sud, mi sentivo una regina. Il venerdì sera io e i miei compagni di bagordi, Pisani - di nascita o di adozione - usavamo prendere l’ultima RER e andate a Parigi. Una mezz’oretta ed eravamo nel cuore di una delle città più belle del mondo. E stavamo fuori tutta la notte, di locale in locale, per finire con una crêpe alla nutella nell’attesa della prima RER che ci riportasse a letto, a giorno fatto. Lo chiamavano ‘cremare a Parigi’. Tre mesi di notti di bagordi, che, più spesso che no, iniziavano con un Greek (kebab) nel quartiere latino. Ed era così che Notre Dame, quasi sempre, dava il benvenuto a ogni memorabile fine settimana. Mille volte, mille e mille, ho alzato gli occhi verso quelle guglie stagliate lassù, nel cielo stellato, ed ho assaporato il significato di sentirsi completamente libero. Tutto è iniziato li, per me, fra quelle guglie, quei kebab e quelle immense camminate sulla Senna.
Il fuoco ha distrutto un bel po’, ma la struttura è salva. Spero che la Francia sappia ricostruite con eleganza e che fra un’altra manciata d’anni, quando mi ricapiterà di andare a Parigi, Notre Dame riuscirà di nuovo a stupirmi vestita con un abito nuovo.
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