Caro Jacopo,
oramai ci sentiamo una volta l'anno, su questo blog che era nato proprio per te.
Anche quest'anno la giornata è passata sottotono, almeno per me.
Sono giorni sempre complicati, pieni di tristezza, pensieri per quello che poteva essere, paura per quello che sarà.
Oggi non abbiamo fatto niente, solo un pranzo tardivo al diner preferito del tu babbo. Ho chiesto alla B se vogliono un altro fratello e lei mi ha detto che ce l'hanno già nelle stelle - l'altra volta che glielo avevo chiesto mi aveva detto di no, che sennò tutti la picchiano, stiamo in qualche modo migliorando-.
Allora le ho detto che era il tuo compleanno, ma mi pare che la cosa l'abbia lasciata solo confusa e quindi ho lasciato perdere. Suppongo che per lei *compleanno* significhi *festa*.
Per me *compleanno* significa *memoria*. L'unico giorno l'anno in cui mi concedo di sedermi e scriverti una lettera di getto, come si fa a un amico lontano, che non si vede mai, ma con cui ci sentiamo sempre vicini vicini. Scrivo con gli occhi lucidi e la testa che vaga. È per questo che questa lettera ti sembrerà sconclusionata.
Insomma, dicevo, sono giorni un po' così, sempre saturi di riflessioni. L'anno scorso mi chiedevo chi fossi, quest'anno mi sono prese mille paure, più o meno razionali, sul futuro. Ho avuto anche la malaugurata idea di prendere tutti gli appuntamenti di vari check-up annuali in questi giorni, così sto anche qua con l'ansia dei vari risultati e la testa piena dei pensieri lugubri che ben conosci.
C'è però una aneddoto bellino, se non altro, su questa giornata.
Mentre eravamo a cena è andata via al luce su tutto il blocco di appartamenti. Un buio pesto a cui nessuno è abituato. Prima abbiamo usato i telefoni e il computer per raccapezzarsi e poi mi sono ricordata che avevo una candela, la tua candela, che mi era stata regalata dopo poco la tua nascita per la giornata del "Pregnacy and Infant Loss Awareness". Me la ero portata dietro in capo al mondo, intatta. Stasera ho pensato che quel black-out improvviso fosse un segno del fatto che la dovessi accendere. Magari non era solo che nel blocco accanto c'era stato un prosaico guasto, magari c'avevi voglia di stare a cena con noi, la sera del tuo compleanno. E allora, a lume di candela, abbiamo mangiato il gelato e i tuoi fratelli hanno cantato a squarciagola canzoncine di tutti i tipi, guardando la fiamma e giocando a fare le ombre cinesi sul muro.
Adesso loro sono a letto, la luce è tornata, la candela è al sicuro e io mi sono messa a scriverti, cullata dal consueto rumore della lavastoviglie.
Come ogni anno, fra due giorni è il mio compleanno, che, come al solito, segnerà in qualche modo il momento in cui decido di rinfilare la tristezza in fondo la cuore, di rimboccarmi le maniche e andare avanti. E, diodiddio, se i risultati dei check-up vanno bene, ricordami l'anno prossimo di fissarli d'ottobre.
Stai bene, lassù nella luce.
Mamma
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