Thursday 26 June 2014

Figli di expats


Ci penso da sempre, dal momento in cui mi sono state chiare due cose 1) che avremmo fatto figli e 2) che non saremmo tornati a casa. Ci penso ogni volta che la Bianca mi risponde in inglese, ma l'altro giorno quando l'ho sentita recitare il "Pledge of Allegiance", mi è suonata una campana nel cervello. 
Non avere figli italiani è sempre stato un concetto ostico da digerire, ma finché eravamo a Londra pensavo anche che sarebbero venuti su come '3rd culture kids' perché Londra è così multiculturale e variegata che ogni londinese e un po' un adulto di terza cultura. Pensavo che stavo offrendo loro l'opportunità di crescere in un esperimento sociale unico al mondo, in una città dalle mille risorse, esageratamente immensa ma anche a misura d'uomo una volta trovata la propria bolla. In una città in cui il diverso è la norma e dove bambini di tutti i colori si tengono per mano durante la gita scolastica. Pensavo che questi bambini, domani, sarebbero stati adulti migliori di noi.

Qui invece è diverso, o almeno mi sembra diverso. 

Per fortuna Houston è anche lei multiculturale per una città del sud degli USA. Per quello che ho potuto notare in questi pochi mesi, ha ben poco del cliché texano di bacchettoni in abiti della festa per andare a messa la domenica e cappelloni da cowboys. Ma più ci rifletto e più mi appare chiaro che i miei figli non saranno italiani, non interamente almeno. Saranno forse più tolleranti e larghi di vedute, ma saranno sempre figli di emigrati che un giorno diranno "i miei sono italiani, ma io sai sono nata/o e cresciuta/o qui e quindi mi sento americana/inglese/australiana".  Parleranno la lingua italiana, ma probabilmente non la sapranno scrivere e leggere bene. Non avranno mai la nausea di Dante e Manzoni, non mangeranno gelati in piazza in motorino d'estate e forse non sapranno chi erano i partigiani. Saranno americani, o inglesi, o australiani o chissà, con altri stili di vita e altri usanze che non mi appartengono. Gli anni della loro formazione non avranno niente a che vedere con i miei, non avrò idea di cosa staranno vivendo e perché, quali sono i loro imperativi e le loro mode. Un po' forse questo è vero per tutti perché c'è sempre lo scarto generazionale, ma non riesco a credere che crescere oggi in toscana sia molto dissimile da come sono un tempo cresciuta io. Non ho invece idea di come si cresca a Houston. Eppure fra non molto devo decidere dove mandare la Bianca a scuola. E allora si riderà perché gli anni della sua formazione inizieranno per davvero.
A questo punto la domanda è una: rassegnarsi o intervenire? 
C'è una via di mezzo? un compromesso? certo, devo accettare che loro non saranno italiani, ma posso cercare di farli almeno un po' sentire tali? e come? bastano un mese d'estate o le vacanze di natale? vale la pena di insistere perché facciano una parte delle scuole in Italia in modo da assorbirne un po' la cultura? o devo semplicemente rassegnarmi e lasciare che facciano la loro strada senza interferire con ben più anticipo di una mamma "normale"?

4 comments:

  1. Io già faccio fatica a sentire Elena che sbaglia tutti gli accenti, aprendo le e di bicicletta e saponetta e chiudendo quelle di chiesa e piede :-(

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  2. ci penso tanto anche io, e non credo di essere approdata a molto. Penso ai miei figli futuri che non avranno l'accesso che ho avuto io, frequente e spensierato, al patrimonio culturale della Toscana, per esempio. Mi fa paura sapere che non avremo in comune molte delle stesse esperienze, crescendo, che non potrò mostrare loro pezzi della mia infanzia così come i miei li hanno mostrati a me. Ma saranno loro a mostrarmi cose che altrimenti non avrei mai visto. E non ho dubbi che saranno adulti migliori, molti studi sul bilinguismo mostrano che aiuta a crescere aperti e tolleranti. Non credo ci dobbiamo solo rassegnare su tutta la linea, ma solo a qualche compromesso. Sarò di sicuro una mamma rompipalle per quel che riguarda la lingua, però! Perché una lingia è un dono pazzesco, e l'italiano lo impareranno, a costo di farmi detestare!

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  3. Qualunque scuola primaria frequenterà Bianca sarà sicuramente meglio di quella che sta facendo Irene in Toscana :-* :-$
    Cmq io sono scappata da Latina perché non avrei sopportato sentirmi chiamare dai miei figli "A' ma'"

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  4. Dilemma senza uscita, almeno per ora...
    Ci son giorni in cui davvero vorrei infilarla in valigia e scappare, solo per andare a mangiare una bella fetta di pan coll'olio, magari a qualche sagra sulle colline, e poi "stropicciarmi" i miei vecchi e ritornare bambina anch'io. Ci son giorni in cui ci spero ancora, che un giorno magari si arriverà tutti insieme davanti al Duomo per non ripartire e "vissero felici e contenti".
    Ma mi sa che in fondo in fondo non ci credo neanch'io... per questo mi guardo intorno terrorizzata e mi domando se sarò mai in grado di comprendere davvero quello che mi circonda. Mah!!

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