Tuesday, 30 September 2014

Confusione

Mi sento confusa.
Ho rinunciato a fare piani anni fa quando ho capito che, nel mio caso specifico, i piani andavano sempre all'aria e questo mi creava uno stress insopportabile. Ho quindi smesso di pianificare e mi sono sentita meglio. Adesso però mi sento in un limbo che inizia a darmi fastidio. Non so se come e quando cercare lavoro, quale lavoro e di che tipo. Non so se dare via o no la roba di F perché non so se voglio o no insistere per provare a avere un altro figlio (l'ultimo giuro). Non so se questa girandola di potenziale maternità prolungata è compatibile con la ricerca di lavoro (non ancora definito). Non so se e quanto staremo a Houston e se ci piace davvero stare in USA, o se vogliamo tornare in Europa e dove o addirittura varcare i confini di un altro continente.
È tutto talmente confuso e vago che mi viene solo voglia di dormire.
Non so per quanto ancora posso dare la colpa alla prolattina di questo torpore mentale e fastidio per l'ignoto. Ho usato la parola fastidio, non paura, perché la paura mi è estranea in questo momento. Può sembrare delirio di onnipotenza, ma è la verità. Non ho paura, sono infastidita.
Arriverò a un punto in cui dovrò dare un senso alla mia esistenza odierna, ma cosa definirà questo punto davvero non lo so.
Quando in casa si parla della possibilità di spostarsi di nuovo, il sentimento principale è eccitazione, come se mi chiamassero per una nuova missione o avventura. Poi subentra anche la fatica del ripartire da capo, ma in tutta onestà è un sentimento secondario. Il primo è eccitazione.
Forse avrei dovuto vivere una vita del tutto diversa. Avrei dovuto partire per missioni brevi a giro per il mondo e tornare sempre a casa a Firenze. Questa forse sarebbe stata la vita che mi si addiceva.
O forse sarei dovuta nascere in un secolo diverso, maschio e fare l'avventuriero.


Monday, 22 September 2014

Sull'obbedienza (o ubbidienza?)

I miei figli non sono la quintessenza dell'ubbidienza.
Quello piccino e' ancora piccino quindi non conta, ma quella grande di sicuro non fa tutto quello che le si dice. Questo suo atteggiamento "ribelle" mi ha messo assai in difficoltà in passato, specie quando la scenata anarchica si consumava in pubblico.
Per vincere lo sgomento, mi sono messa a riflettere. Intorno ai 2 anni i bambini crescono e iniziano a testare i propri limiti e il proprio raggio di azione. Questo si sa. Testano anche i genitori e fin dove può arrivare la loro libertà e potere decisionale. Fa parte della crescita e bisogna permetterglielo. Prenderlo di buon grado e rispettarlo. Il manuale vuole che si mantenga anche sempre una calma zen, si parli sottovoce, si abbracci e si comprenda il piccolo indemoniato che si rotola al suolo.
Però quando questi esperimenti di crescita, in passato, sono esplosi tipo in mezzo a un negozio, personalmente, seppur fossi consapevole, avrei voluto scavare una buca e seppellirsi lì, nel reparto junior. Avrei voluto scacciare tutti gli sguardi degli avventori che avranno pensato che pessimo genitore fossi, totalmente incapace di farmi ubbidire. Avrei anche desiderato che la figlia in crescita si trasformasse in un androide telecomandato e eseguisse a bacchetta tutto quello che le veniva ordinato.
Ne sono talvolta seguite scene insensate di cui risparmio il racconto e di cui poi mi sono magari anche vergognata.
Nelle pause riflessive di cui sopra, una volta sturatasi la vena, mi è però venuto da pensare che, più che la disobbedienza in sé, mi rompeva l'affronto all'autorità materna e, sopratutto, la figura di merda.
Focalizzati questi semplici punti, le volte successive, dopo un veloce ripasso del mantra inspira-pace interiore-espira, mi sono ripetuta che i figli non sono soldati e che il viaggio per diventare adulti consapevoli, capaci di decisioni indipendenti e maturi, passa anche per quella bizza in quel negozio. Allora le cose sono andate meglio e mi sono sentita di aver fatto qualche passo avanti sul come pormi di fronte a certe scene pietose.
Quella grande adesso è molto più "ubbidiente". Quando le viene chiesto qualcosa, se lo reputa sensato, lo fa senza replicare. Quando le viene detto un no, se la spiegazione la convince, lo accetta di relativo buon grado. Quando le si richiede aiuto, raramente lo nega. Quella grande adesso ha compiuto 3 anni e sta crescendo. Io respiro di sollievo. Fino alla prossima.
È molto lontana dall'ubbidire agli ordini come un soldato. Ma magari è un bene.

Saturday, 20 September 2014

40 anni e non sentirli

Stanotte, per ignorare il fastidio provocato dallo scoccare di QUELLA mezzanotte, mi sono messa a leggere compulsivamente blog. E, cosa che non faccio mai, commenti ai post.
Sono incappata in una diatriba furiosa sul metodo Estevill sul blog di Nonsolomamma con attacchi e contrattacchi da parte di entrambe le fazioni. Attacchi e contrattacchi anche all'autrice del post, post che però è scritto in chiave ironica, non ha pretese di proselitismo ed è solo divertente.
Mi è quindi venuto da pensare un paio di cose abbastanza sconnesse fra di loro, come sono io a quest'ora e quest'età:
1) quando non c'ho più voglia di ragionare di Estevill si o no, poppe e pappe, nanne e affini,
2) quanto non sarei pronta a ricevere commenti a un mio post in cui mi si offende o critica in maniera distruttiva.
Per cui, dall'alto dei miei 40 anni esatti (sono le 00.45 del giorno del mio compleanno), dichiaro che, se mai dovesse succedere che qualche commento non mi piacerà, lo cancellerò.
Perché la democrazia non funziona tanto bene, in alcuni casi.

Thursday, 18 September 2014

Quattro

Quattro anni, come dice la barra in fondo a questo blog, da quando ti abbiamo detto addio. Quattro anni da quel giorno in cui lasciai l'ospedale, te e un pezzo del mio essere.
Di dolore forse non si può più nemmeno parlare. È forse più un intorpidimento, come una ferita profondissima che sì, si è rimarginata e non fa più male, ma ha reso insensibile quella parte del corpo.
Di te in casa si parla, ogni tanto. Il tuo nome viene fuori, non molto spesso. Quando mi chiedono se Fabio è il secondo figlio, spesso rispondo titubando di sì, contravvenendo a quanto mi ero tempo addietro giurata. C'è una parte di me che ogni volta che dice sì sobbalza. Un'altra pensa che non sia giusto guastare la giornata del sorridente interlocutore tirando in ballo un argomento tanto doloroso.
Ti vedo spesso, a tavola accanto alla Bianca, l'unico con i capelli neri del vostro babbo. Ti immagino parlare con l'accento inglese, un po' più duro a morire di quello di tua sorella. Ti penso relazionarti ai tuoi fratelli. Avresti potuto insegnare alla Bianca (un po' polenta) a andare a modo sullo scooter, o avresti potuto giocare con Fabio con la delicatezza di un fratello maggiore. Tutto questo per dire che ti porto sempre con me, che in questa famiglia rumorosa e un po' matta manca sempre qualcosa. Manchi tu e nessuno dei tuoi fratelli riuscirà a rimpiazzare il posticino vuoto che hai lasciato. Voglio però che tu sappia che la tua mamma adesso sta più o meno bene e che è la mamma che è anche grazie a te. E infondo le piace essere la mamma che è.
I tuoi fratelli hanno entrambi una piccola macchia bianca sul fianco destro. Uguale. Nello stesso punto. Mi piace pensare che sia stata la tua mano che li ha toccati quando sono nati e che tu sia con loro, in una forma o nell'altra.

Tuesday, 16 September 2014

Il pericolo delle etichette

A scuola mi hanno sempre detto che non sapevo scrivere. Che sì, con i numeri ci sapevo fare e negli sport ero una bomba, ma fra parole e 'cose artistiche' proprio non c'era storia, per non parlare del canto.
In terza elementare avevo 'la sindrome della domenica sera' perché il lunedì mattina avrei dovuto fare la cronaca. La cronaca, in quella scuola elementare toscana di oltre 30 anni fa, consisteva nel descrivere come avevo passato il fine settimana. In casa mia non si faceva mai una mazza il fine settimana, quindi il lunedì mattina mi trovavo a corto di argomenti e a quanto pare li descrivevo pure male. Il voto più ricorrente per me era 'benino', equivalente elementare di un 6 - -.
Quel 'benino' ha segnato la mia carriera.
Ho scelto chimica, ho fatto il ricercatore. Ho scritto solo pubblicazioni scientifiche, dove c'è poca anima e parecchi dati.
Poi un giorno nel lontano 2005 qualcuno mi convinse a scrivere un blog. Accolsi l'invito con poca convinzione. La bambina del 'benino' sapeva che scriveva male e che era a corto di argomenti. Ma un po' per scherzo e un po' per sfida accettai.
Dopo 9 anni, quella non più tanto bambina ancora scrive e descrive non solo fatti, ma anche emozioni, riflessioni, pensieri e aneddoti strambi. Scrive per gioco, ma quando riceve un complimento, sorride e non sa se crederci o non crederci.
Quando decide di crederci, pensa che se non fosse stata etichettata come quella che non sapeva scrivere, forse avrebbe fatto una carriera diversa e forse sarebbe più felice.

Saturday, 13 September 2014

Magnificamente Pitù per una sera

Pitù, per chi mi ha conosciuto nel periodo post-war, è il mio apelido (nome) di capoeira.
La capoeira per anni (molti anni) per me non è stato solo un hobby o uno sport, ma uno stile di vita, una missione, un secondo lavoro. Oserei quasi dire che J, B e F esistono a causa o grazie (?) alla capoeira.
Quella storia d'amore è ampiamente descritta nell'esordio di Storie a Caso e in altri blogs, guarda caso scritti a quattro mani con la Veronica, con cui adesso ragioniamo di figlioli, fasce e pannolini.
Qui come la storia ebbe inizio, qui come ha continuato anche dopo che io sono partita.
A Londra non ho mai trovato niente che mi piacesse al punto di accollarmi le ore di viaggio per andare a lezione, specialmente dopo l'arrivo della prole. Dopo un tentativo fallito di allenamenti autogestito, durante la seconda gravidanza ho deciso di dare forfeit. Erano ormai svariati anni che non mi allenavo più. Quell'amore, come ogni altro amore che non viene nutrito e annaffiato, si era perciò inaridito al punto che ho pensato che la Pitù non esistesse più.
Ma forse il vero amore non muore mai, anche se viene seppellito sotto quintali di cenere (o merda a scelta).
Così l'altra sera mi sono fatta trascinare agli allenamenti. Bambini al seguito.
Ovviamente a fine aula reggevo l'anima coi denti e sono in uno stato fisico imbarazzante, ma l'energia... quella è tornata subito su.
La Pitù, che per tanti anni ha dormito, ha rizzato il capino.
Emozioni sommerse chissà dove sono riaffiorate, così come le parole delle canzoni e il piacere di giocare in una roda, senza imbarazzo né vergogna, senza pretese, manie di protagonismo o ansia da prestazione. Tanto per divertirsi, come uma galera di gente boa.
La Pitù, che meravigliosamente ha rivestito i suoi panni bianchi per una sera, spera non sia stato solo il canto del cigno e di poter continuare a farlo ogni tanto, tipo una volta a settimane, sempre figli al seguito, ovviamente.

Wednesday, 10 September 2014

La Mamma Senza Le Risposte

In queste ultime settimane mi sono finalmente decisa a accogliere l'invito della Veronica e scrivere alcuni post per Puro Contatto, dove avrei dovuto contribuire sull'argomento dei pannolini lavabili. Poi ci ho preso gusto ed ho scritto un paio di pezzi di maternage, uno uscito un paio di giorni fa (Quando il contatto si perde) e uno che uscirà prima o poi. Entrambi seguono più o meno lo stesso schema: periodo difficile su un qualunque fronte-epifania-miglioramento.
Concluso e riletto il secondo pezzo, mi sono messa nei panni delle madri che leggono e mi sono chiesta come queste mamme mi possano vedere. Spero, fortissimamente spero, di non essere vista come La Mamma Con Le Risposte.
Da qui una serie di interrogativi: è corretto quello che milioni di mamme blogger stanno facendo? è giusto dare l'impressione di averle queste risposte? non sarebbe più proficuo scrivere di quando i figli non ci ubbidiscono, sputano il cibo, si picchiano, fanno li gnorri, fanno scene raccapriccianti in mezzo ai negozi? Non sarebbe meglio mettere a nudo solo quando si brancola nel buio e si vorrebbe buttarli fuor di finestra, i figli? Perché nella mia breve esperienza di mamma, questi momenti sono parecchi. Più delle epifanie.
No, oggi non è successo nulla di strano: una è andata a scuola saltellando, l'altro dorme beato nel suo letto. Milioni di pedagoghi sarebbero in questo istante fieri di me. Ma io la so, la verità. È solo una giornata in cui mi va di culo.

Thursday, 4 September 2014

Gli gnocchi il 29 del mese

vediamo che ne pensa daddyJohn per pranzo

Qualche tempo fa, cenando in una pizzeria molto buona qua a Houston, vedemmo la pubblicità degli gnocchi del 29 del mese. A quanto pare consolidata tradizione italiana, il 29 del mese la pizzeria/ristorante offre gnocchi 'as much as you can eat' a chi intente sfondarsi di bontà e sapori nostrani. Seguendo la logica del piatto ricco mi ci ficco, sono già due mesi che ci presentiamo puntuali come orologi svizzeri all'appuntamento. Ne usciamo di solito rotolando, con il cuore in pace per aver ben speso in nostri soldi transumatisi in gnocchi letteralmente in tutte le salse (ne ho contate 10).
Però questa cosa della tradizione italiana del 29 mi ha incuriosito, perché naturalmente io non ne avevo mai sentito parlare.
Allora mi sono messa a fare una ricerchina su internet e ho trovato decine di blog che affrontano la questione. Le versioni più accreditate sono di seguito ri-raccontate.
A quanto pare, nell'ottavo secolo, Pantaleone, giovane medico asiatico, andrò in pellegrinaggio nel nord Italia, dove fu fautore di svariati miracoli. Una sera, mentre chiedeva del pane, fu invitato a cena da dei contadini, che gli offrirono per l'appunto gnocchi ed era per l'appunto il 29. Per la gratitudine annunciò loro una anno di raccolti e pesca eccellenti. La profezia si avverò e da allora gli   gnocchi il 29 sono stati istituzionalizzati come portatori di buona fortuna. A volte viene anche messa una banconota sotto il piatto.
Un'altra storia che ricorre è molto più pragmatica e dice che il 29 semplicemente c'erano pochi soldi e tante patate. Due + due...
Gli gnocchi del 29 sono molto comuni negli stati del sud america ad alta immigrazione italiana, come l'Argentina, dove addirittura 'gnocchi' sono chiamati i dipendenti comunali scansafatiche che si presentano solo a fine mese a ritirare lo stipendio.
Eccoci, curiosità soddisfatta, si impara sempre qualcosa sull'Italia.
Per festeggiare mi cimento a farli adesso (le patate sono già a bollire), sempre seguendo il sacro-fuoco-della-cucina-di-casa-mia contro tutti (Fabio verrà comunque svezzato a ottime BBQ ribs, no worries).

Tuesday, 2 September 2014

The game is back on

Sherlock - Mini episode 2013
Mi tocca mettermi a cercare lavoro. Voglia ne ho meno che zero. Ma mi tocca per tutta una serie di motivi validissimi su cui non mi dilungo. Considerando che ho solo poco tempo al giorno per dedicarmi a questa ludica attività, meglio darsi una mossa.
A Houston ci sono più PET centre (che sta per Positron Emission Tomography e non per cuccioli di cane e gatto, ed e' anche scritto con lo spelling sbagliato) che supermercati. Questo però non significa che l'impresa sia più facile, perché tengo d'occhio gli annunci di lavoro da un po' e non mi pare che esca nulla di interessante.
In un mondo ideale, vorrei lavorare part-time e mandare a scuola i figlioli full-time così da avere il tempo che deriva dalla sottrazione full-part per farmi i cazzi miei e tenere medio-basso il numero di panni da lavare. Vorrei anche continuare a far ricerca, ma non so, buttarmi nel commerciale, ma non so se son capace e, come ultima spiaggia, insegnare, ma solo se mi lascia parecchio tempo libero. In altre parole, avendo le idee parecchio chiare, vediamo che ne esce. Intanto ho aggiornato i profili professionali pubblici del mio alter ego Dr Pis, cercando di nascondere il fatto che sono disoccupata dallo scorso novembre (o come mi piace definirmi - in maternità). A nessuno interesserà che nel mentre ho fatto un trasloco intercontinentale e un figlio. Ho anche aggiornato il CV (e non c'è voluto molto) e il file delle pubblicazioni, scoprendo che, senza accesso ai database, è una gran rottura di palle. Insomma, mi posso definire a metà strada nella salita della china dell'energia di attivazione. Vediamo se la supero o se rotolo all'indietro miseramente, battendo il culo per terra e continuando a fare la SAHM*!

*SAHM = Stay At Home Mum.