Friday 11 March 2016

Emigrante - Schema 2


Venire via dall'Italia (oramai non posso nemmeno piu' dire Toscana, perche' sto sviluppando un notevole attaccamento alla Liguria) non e' mai facile. Quest'anno sono stata solo due settimane e mi e' sembrato tanto tempo. Ammetto di essere in difficolta' a rientrare nei ranghi. Mi abbiocco alle 9 di sera, mi sveglio prestissimo e vorrei tanto mangiarmi un schiacciata genovese con un cappuccino di Giorgio. La casa e' un disastro di  valigie semiaperte, panni sporchi sparsi ovunque, panni puliti da mettere via, giocattoli in ogni dove.
Eppure mentre sto scrivendo questo post sulla mancanza/lontananza/sounasegaselasegasegaotaglia, mi sento ridicola. Ho superato la homesickness, questa nebbia nella testa e' qualcosa di diverso che non riesco a mettere a fuoco. 
Forse e' solo jet-leg.
Oramai non ho da discutere su cosa sia cosa, su cosa sembri casa e tutte quelle cose li da emigrante alle prime armi. Oramai so quale e' il mio posto, qua e la' e in ogni dove. So che gli amici restano, che i nipoti non si scordano degli zii, che i posti del cuore non cambiano poi tanto - nonostante la tranvia-. Pero' so anche, con ragionevole certezza, che l'Italia non e' posto per noi. Non torneremo, per molti anni ancora, forse mai piu' e, terribile ma vero, adesso sembra giusto cosi'.
E allora cosa mi disturba? Ho forse paura che gli amici mi vogliano vedere solo perche' si conviene? Che i posti del cuore siano solo immaginari? O peggio, che i posti del cuore non siano piu' li, come ti piacerebbe credere, ma altrove? Sul South Bank per esempio,  che la B non mi ha perdonato che non si sia passati da Londra. 
Forse sto passando alla fase due, quella dell'emigrante navigato, che si e' stufato da quel di' di cercare l'Italia nei supermencati del resto del mondo, che fa benissimo a meno del bidet, che riesce a concepire una colazione a base di bacon e che comincia a non avere problemi a pensare che i propri figli studieranno la Storia da un punto di vista diverso (anzi, su questo, non vede l'ora).
L'emigrante che si e' reso conto che il paese di origine e' una meta da vacanza e lo vede con gli occhi di uno straniero.
Resta quella bolla di torpore nella testa che non si sa cosa sia.
Forse faccio fatica a accettore quello che ho appena scritto.
Ma forse e' davvero solo il jet-leg.

2 comments:

  1. Anche io dopo 10 anni mi sento di essere nella fase due. Ho passato un lungo weekend a chiacchierare di queste cose con un altro expat navigato che però tornerà dopo 15 anni al suo paese, trasferendovi i figli nati altrove, proprio per il terrore che crescano in modo diverso da quello col quale è cresciuto lui. Anche io alla fine mi son sentita quel peso in testa, sono argomenti difficili

    ReplyDelete
    Replies
    1. io lo sto accettando. Non credo sia una cosa cattiva, solo piu' faticosa per noi, che non sappiamo come muoversi. Non tornerei in Italia solo perche' loro possano crescere come sono cresciuta io, ma vorrei fornire loro una spaccato di quella realta e per adesso l'idea migliore che ho avuto sono i campi estivi - alle scuole pubbliche qua hanno 3 mesi di vacanza e, inutile dirlo, io no...

      Delete