Tuesday, 22 December 2015

Frustrazioni varie



La prima e la piu' grande e' che non ho abbastanza giorni di ferie. Questo si sposa male con il fatto che il lavoro mi piace davvero tanto, il team e' giovane, stimolante e simpatico, il mio capo mi stima e non manca di ricordarmelo spesso e sembra che, nel nostro piccolo, magari faremo davvero un minimo di differenza. Perche' per lo meno se non mi piaceva, mi licenziavo a cuor leggero. Troppo poche ferie. Ora per Natale, nonostante il periodo sia decisamente piu' rilassato in generale, alla fine sto a casa due miseri finesettimana lunghi. Io, che un tempo non mi muovevo per meno di tre settimane di file, guarda a cosa mi sono dovuta ridurre... ai fine settimana lunghi.
La seconda, ma non meno pungolante, e' il fatto che, nonostante i miei notevoli sforzi, e non sono stati nulli negli ultimi mesi, non riesco a  tornare in forma come vorrei. A nulla sono servite diete (fra cui 5:2, intermittent fasting, reduced calories regime), andare in bici a lavoro ogni giorno, andare in palestra anche se con scarsa regolarita'. Evidentemente l'unico modo che il mio fisico conosce per perdere peso e' attraverso lo stress disumano e la depressione suicida. A questo prezzo, allora, no grazie, sto con i miei mal tollerati 5 chili in piu'.
La terza e' la stanchezza cronica. Non importa quanto dorma, non riesco a recuperare. Sono sempre atavicamente stanca. Il piu' delle volte la sera mi addormento insieme ai bambini alle 9.30, azzerando ogni tipo di attivita' di coppia che abbia un senso. Ultimamente ci siamo imposti di guardare insieme Jessica Jones, che e' anche discretamente figo, e giuro devo fare uno sforzo atroce per tirarmi su dal letto una volta che quelli si sono addormentati e trascinarmi in salotto. Ma come mai? Eppure la notte si dorme ormai. Magari ogni tanto mi sveglio in preda a oppressione al petto o a respiro affannoso e scopro che Fabio mi sta dormendo sullo sterno o sulla faccia - in orizzontale - ma a parte questo... dormo. Boh.
La quarta sono i soldi. Non importa se si guadagna decisamente abbastanza, non si sa dove cazzo finiscano tutti quei soldi a fine mese. Certo non siamo qui a contare il centesimo, pero' a 41 anni, dopo quasi 20 anni di onorato servizio, mi vorrei anche poter permettere di buttare via 100 dollari senza doverci pensare 10 volte. E' chiedere troppo? Sono spocchiosa e ingrata?

Nonostante tutto, pero',  fra quattro giorni e' Natale e magari Babbo Natale mi porta una manciata di idee su con che spirito imboccare il 2016, che sara' sempre con poche ferie, sempre con troppi chili troppo sonno e pochi soldi, ma con qualche cambiamento all'orizzonte.

Wednesday, 16 December 2015

Natale con i tuoi

Questo periodo in cui corro e basta e non ho banane nemmeno per farmi la doccia non sembra andare migliorando. Se non fosse che sto accumolando stanchezza e malumore me ne preoccuparei poco, ma tutto 'sto tramestio sta iniziando a farsi pesante sulle mie povere spalle, quando invece vorrei solo godermi lo spirito natalizio.
Dopo 9 anni, cioe' da quando sono espatriata, questo sara' il primo anno in cui non andremo in Italia per Natale e, onestamente, non mi dispiace un granche'.
Le feste sono sempre divertenti a casa, rivedo un sacco di amici e parenti, tutti sono sempre pieni di entusiasmo e di solito passo un bel periodo mangiando e trastullandomi, se pur dovendo incastrare piu' impegni del principe d'Inghilterra.
Pero', specialmente da quando ho permanentemente dato in affitto il mio appartamento, cioe' in concomitanza della nascita della B, a Natale siamo sempre stati strasciconi in case improvvisate, quando ospiti, quando in affitto. Siamo sempre stati bene, nessun frainteso, ma ho sempre dovuto fare un po' di sforzo per far si che quelle case improvvisate, spesso vuote, avessero aria di Natale. Ho sempre fatto alberi al volo, messo addobbi rattoppati ripescati in garage della zia e fatto finta che quelle fossero casa nostra, dove Babbo Natale arriva la notte di Natale con la renna Rudolf e lascia i pacchetti. Meglio traslasciare in questo post il fatto che per Natale siamo sempre stati peggio di Fantozzi e non c'e' praticamente mai stato verso di non incazzarsi per qualcosa o stare in pena per qualcos'altro.
Ecco, quest'anno non avevo proprio il cuore di affrontare l'ignoto e sono contenta che casa nostra sia nostra per davvero, che l'albero sia in piedi da dopo Thanksgiving, che babbo Natale abbia avuto l'indirizzo giusto sulla letterina fin da subito e che soprattutto non io non mi debba ritrovare a correre in lungo e in largo per l'Italia per vedere tutti e non fare torto a nessuno.

 A documentare che per Natale, mi sono sempre impegnata a far si' che sembrasse Natale: nella foto i miei Natali zingari. Da in alto a sinistra a in basso a destra: Sesto 2013, San Niccolo' 2011, casa Texas 2015, zia Teresa 2014 (si fece l'albero a lei, perche' tanto per Natale s'era via).
Buone Feste a tutti se un ci si risente.

Friday, 4 December 2015

Sacrifici?


Ogni tanto mi capita di leggere roba su quanti sacrifici si fanno per i figli, e su quanto i  figli debbano essere grati ai genitori per tutti i suddetti sacrifici. Ultimamente girava un post di un figlio che portava il padre anziano al ristorante in mezzo agli applausi muti degli astanti. Il post era condito di consensi e commenti e lacrime e cuoricini.
Il tono di tutti questi scritti, invece, a me mi sta profondamente sul culo (si', a me mi) e la ragione e' molto semplice.
Non si dovrebbe parlare di sacrificio, perche' se si sacrifica poi ci si aspetta una ricompensa e questo, secondo me, e' un circolo vizioso che porta al grande male della nostra razza: il famigerato senso di colpa.
Invece il senso di colpa e' la cosa piu' inutile che esista, l'amore e' gratis, le scelte che si fanno in conseguenza al fatto che si hanno figli dovrebbero essere solo compromessi, per lo piu' temporanei e dai figli ci si deve solo aspettare che siano capaci di levarsi un dito dal Q quando hanno l'eta' giusta e non certo che ci si accollino quando siamo vecchi. Et voila'. Rant is over.

Tuesday, 17 November 2015

Letti Montessoriani


Non mi ritengo una mamma particolarme a alto contatto, ma una mamma molto pragmatica si. Sara' la deformazione professionale che mi obbliga a ottimizzare i tempi, ma trovo che ogni madre della terra abbia diritto a quante piu' ore di sonno possibile. Purtroppo questo diritto ineluttabile si scontra con la tetra realta' di avere nani per casa sotto i 5 anni.
Il pragmatismo che e' in me ha deciso di trovare una soluzione permanente a questa mia evidente necessita', cioe' quella di dormire la notte.
Ecco che, dopo la nascita di Fabio, abbiamo allestito una immensa stanza montessoriana del sonno, in cui il nostro materasso king size si affianca al materasso da lettino con le sbarre di Fabio che si affianca al materasso da lettino intermedio della Bianca.
Ho detto materasso e non letto, perche' noi letti, nel senso di bed-frame, non ne possediamo. John ha deciso che il letto e' un bene inutile, probabilmente propagandato dalla societa' dei consumi in combutta con la lobby delle case farmaceutiche che fanno soldi sui bernoccoli dei bambini che da cotesto cadono.
E quindi da oramai quasi due anni, io dormo per le terre, con due bambini liberi di rotolare a tempo notturno indeterminato su una superficie totale di oltre 5 metri quadri di sofficita'.
Questo mi ha ripagato in molte piu' ore di sonno della mamma media, perche' quando allattavo, dovevo solo aprire il mezzo occhio necessario per attaccare il puppante alla poppa; e quando ho smesso, ho notato che a loro basta rotolare vicino a me e toccarmi che si riaddormentano. Evinto piu' che notato perche' spesso queste operazioni notturne avvengono a mia insaputa e me ne accorgo solo la mattina. Ok, probabilmente complice e' il fatto che ho il sonno piombato.
Ultimamente pero' i due MS (=Mostri Selvaggi) la mattina si svegliano all'unisono alle 7 nemmeno e iniziano a fare restling sui sopracitati 5 m2 di letto, incuranti che dentro ci si sia noi che si dorme. Questo fenomeno sta diventanto ingestibile al punto che si rende necessario un cambio repentino di strategia che per me potrebbe anche essere di buttarli fuori di camera, perche', ricordiamocelo, per me possono anche fare colazione a pane e legnate, ma devono abbozzarla di svegliarmi a suon di calci sulla testa e salti sullo sterno perche' non c'ho piu' l'eta'.

Monday, 16 November 2015

Camping

2011 vs 2015
Sono successe un sacco di cose buone in questi mesi in cui sono stata assente. La mia assenza e' stata in parte dovuta alle cose successe e in parte alla congiunzione anti-tecnologia che ha voluto che il server di lavoro mi bloccase il blog e il caricabatterie del MacBook smettesse di caricare.
In pratica, in questi ultimi due mesi, siamo stati in una vacanza subacquea, poi ci sono stati gli zii e il cugino in visita, poi siamo stati via qualche altro weekend. Mi prometto di raccontare qualcosa, ma intanto comincio da questo weekend.
Anche ieri e ieri l'altro siamo stati via, in una due-giorni di campeggio semi-selvaggio a Village Creek. Niente di troppo estremo, naturalmente, ma la mancanza di elettricita' e bagni troppo vicini, lo hanno reso una avventura piu' degna di questo nome del weekend al ranch di qualche settimana fa.
Era ovviamente la prima esperienza in campeggio dei due mostri selvaggi, cosi' di recente rinominati dall'omonimo libro di Maurice Sendback - ora che mi sovviene, questo e' il terzo motivo che giustifica la mia assenza prolungata dal web-.
Era la prima volta che anche io e Babunch (John, secondo Fabio) aprivamo la nostra tenda dal 2011, e cioe' da quando, incinti della Bianca, ci avventurammo in un giro in Cornovaglia in un aprile insolitamente caldo. Comprammo la tenda in quella occasione, una tre posti, perche' tanto chissa' come sarebbero andate le cose, e prima di ricampeggiare, chissa' quanto tempo sarebbe passato. Il clima cambio' miseramente nel corso di quel viaggetto e la temperatura si abbasso' di una ventina di gradi in un paio di giorni, come solo succede nelle estati inglesi. Da allora sono passati quasi cinque anni. La tenda da tre inizia a essere piccola, ma ci siamo stati tutti e quattro, anche se strettini. E la notte, mentre provavo una sensazione di freddo oramai dimenticata, ho ripensato a quelle notti in Cornovaglia, in quella stessa tenda, dall'altra parte del mondo. E' stata una bella sensazione, una di quelle che ti fanno pensare che nonostante la merda che la vita ti tira addosso, c'e' sempre il verso di rialzarsi, piu' o meno a fatica e c'e' sempre la speranza di poter un giorno guardare indietro e sorridere.
I bambini si sono divertiti, credo. Hanno camminato per sentieri, cercato tesori, imparato come si accende un fuoco e come si arrostisce del cibo. Esperienze che per me erano quoridianeita', in tutte le estati passate in campagna, ma per loro sono rare e preziose. Perche' di nuovo la vita e' strana. Avevo sempre pensato che i miei figli sarebbero stati a contatto con i boschi e avrebbero imparato a sciare a 4 anni. Invece, fatalita' ha voluto che nuotino come pescioli a poco piu' di un anno e che probabilmente prenderanno il brevetto di sub prima della patente di guida. Mi dispiace e non mi dispiace. Siamo qua e si prende quello che c'e' di buono da prendere, cercando di integrare per quello che si puo' con esperienze che hanno fatto parte cultura di casa nostra.



Friday, 18 September 2015

5 anni

Sono così sopraffatta di emozioni che non riesco nemmeno a mettere insieme due parole. 
Oggi qui è un giorno come un altro. Ho rassettato il viso per presentarmi al solito meeting del venerdì mattina. Ho firmato il modulo per ritirare la radioattività. Sto facendo la sintesi. Vedi... Un giorno come un altro. 
Non mi ricordo mai che giorno è quando ritiro la radioattività. Il collega che me la passa mi dice sempre: firma qua ed oggi è... E oggi ha detto: e oggi è il 18 settembre 2015. Ed io gli avrei voluto dire che lo sapevo bene che giorno era oggi, e che quella cifra tonda su quel foglio faceva tanto male. Ma lui che non aveva bisogno di sapere. Allora ho sorriso, ho preso la mia carriola di radioattività e mi sono chiusa qui dentro a fare la mia sintesi. Per lo meno nessuno mi vede e posso essere miserabile per un po', per poi lavarmi il viso prima di consegnare la solita boccetta radioattiva e fare finta che oggi sia un giorno come un altro.  
Ma te festeggia li dove sei, perché nessun compleanno nella nostra famiglia deve mai più passare in sordina. 

Wednesday, 16 September 2015

Oggi dopo 5 anni

Settembre e' mese strano.
Un milione di anni fa era un mese di transizione. Finivano le vacanze e si tornava a scuola. Finiva l'estate e iniziava l'autunno, si faceva il cambio di stagione e ci si rimetteva a studiare - o a a lavorare -, con il cuore pesante e la testa alla vacanza successiva.
Poi Settembre e' diventato un mese come un altro, la' dove l'estate non era molto diversa dall'autunno o dalla primavera e le vacanze si potevano fare quando ci pareva, pur essendo sempre troppo poche, troppo frammentate o troppo lontane.
Adesso, al contrario, Settembre sarebbe un mese da aspettare con ansia, quando l'estate finalmente finisce e si ricomincia a respirare, si sta fuori la sera senza sudare le quattro camice e magari si riesce anche a andare finalmente un po' in ferie.
Pero' adesso Settembre e' anche un mese di merda. E lo sai bene perche'. Perche' a Settembre arrivasti per ripartire subito, con i tuoi capelli neri e i tuoi piedini e le tue manine perfette. Due giorni prima del mio compleanno. Nell'arco di quattro giorni sono nata e rinata quello che sono oggi. Non mi piace il giorno del mio compleanno, perche' da qualche anno a questa parte mi obbliga a resoconti e bilanci e mi mette in crisi.


Un po' di tempo fa ho scattato questa foto. Tre anelli che rappresentano tutto quello che sono. Madre, moglie, scienziato. Pero' oggi ho bisogno di chiederti, a te che hai iniziato questo processo, che hai portato immensa gioia e un immenso buco nero, a te che mi hai lasciato qui come una bischera e te ne sei partito nella luce, a te che sei quello che mi hai trasformato in una che è rappresentata da quei tre anelli. Sono solo questo per davvero? 

Monday, 24 August 2015

Nozze di cotone

Per festeggiare il post che usci su "Spose non Convenzionali" e che non c'e' piu'.



Federica, toscana e John, palermitano ed americano, si sono conosciuti molti anni fa a capoeira, facevano parte dello stesso gruppo ma lei era in quello di Firenze e lui di Pisa. Si sono trovati bene fin da subito, ma le rispettive situazioni personali erano un po' complesse. Dopo un inizio travagliatissimo durato molto tempo, hanno deciso di darsi una possibilità.
Hanno affrontato ulteriori ostacoli, la distanza: lei e' ricercatrice a Londra e lui studente a Pisa e le convenzioni sociali, 11 anni di differenza e lui quello più piccolo, ma questo è un amore che va al di là delle convenzioni ed è per questo che mi affretto con gioia a raccontarvelo.
John si trasferisce a Londra e dopo qualche anno, qualche figlio, qualche casa e qualche problema, la vita ha iniziato a scorrere sempre piu' tranquilla, ma il matrimonio non era in nessun modo nei loro piani.
Fino a quando a John non arriva un'offerta di lavoro in Texas. Dopo una breve e affannosa ricerca i due capiscono che l'unico modo per trasferirsi tutti era che si sposassero. Non molto romantico, ma nemmeno molto raro. All'inizio optano per richiedere un visto da fidanzata e sposarsi una volta in USA. Un bel giorno John, mentre riempie i moduli per i visti di Federica e della loro bambina, realizza che il visto di Federica è una discreta gatta da pelare.

La proposta di matrimonio

John apre la chat di gmail e la conversazione più o meno e' la seguente:
John: 'Fede questo visto è una menata, sarebbe meglio se fossimo sposati'
Fede: 'Oh siamo forse sempre in tempo'
John: 'Via guarda su internet che si deve fare, porca paletta! (molto romantico e intenzionato a sposarsi lui...).
Il giorno seguente vanno a fare le pubblicazioni al loro quartiere, il ridente borough di Hounslow, Greater London, con l'idea di sposarsi 15 giorni dopo e via. Ma purtroppo (o per fortuna) la prima data disponibile cade proprio durante le loro vacanze estive in Italia e quindi a quel punto, avendo ben tre settimane effettive di tempo per mettere insieme qualcosa, e più di un mese per capire se qualcuno vuole partecipare, i due decidono di sposarsi il 24 agosto (per non sovrapporre il matrimonio al compleanno della figlia che e' la settimana prima) e di fare anche la festa, con tanto di vestito, torta e tutti i sacri crismi!

L'organizzazione è veloce e indolore! Il giorno stesso i due mandano una email ad amici e famiglia intima che recita più o meno così: Oh ci tocca sposarsi, siccome si spera capiti una volta sola, noi si festeggia, fateci sapere se venite tipo... entro domani!
John decide il posto: un gastropub davanti a casa che a loro e' sempre piaciuto molto e che ha un bellissimo giardino. Visto che si era di fronte alla miglior estate che di cui il Regno Unito abbia memoria da secoli, la coppia opta per un bel barbecue all'aperto a base di carne, pesce e verdure per i potenziali ospiti vegetariani, antipasti sui tavoli, Pimms come aperitivo iniziale, vino bianco e rosso e birra sui tavoli e poi open bar.
Dopo un primo incontro con la manager del pub, la famiglia, ancora illegittima, parte per l'Italia. In Toscana, Federica rimedia un po' d'oro fra catenine, ciondolini e aggeggi che mai più indosserà, lo porta a Palermo nella gioielleria di fiducia della famiglia di John e lo baratta con le fedi e con la montatura di un paio di orecchini di aqua marina che ha intenzione di indossare il giorno del matrimonio. John non vuole le fedi, ma Federica decide di farle fare lo stesso, perché a lei piace l'idea dell'anello ed è sicura che, negli anni, anche John sara' felice di averlo. Dopo un paio di giorni Federica torna a lavoro a Londra e lascia il resto della combriccola al mare.
Durante una pausa pranzo si va a comprare il vestito in uno dei suoi negozi preferiti, Karen Millen: le piace, le sta bene, è bianco ricamato dell'azzurro dei suoi orecchini ed è in saldo. Manda a tre o quattro amiche la foto per sentire i pareri, poi li ignora e se lo compra lo stesso. A comprare le scarpe va con un'altra amica. Gli accessori vengono prestati come da tradizione. Un'altra amica si offre di truccarla. Un'altra ancora di fare il bouquet.
Quando John torna a due settimane dal matrimonio, i due finalizzano gli ultimi dettagli: la torta alle fragole che lui aveva assaggiato in una pasticceria in uno dei primi giorni che era a Londra, il parmigiano reggiano che non può certo mancare a un matrimonio fra italiani, il limoncello. John, all'insaputa di Federica, mette insieme anche uno degli abiti da sposo più estrosi mai visti.
Quando tutto sembra andare per il meglio, il clima inglese decide di non collaborare e proprio e solo quel giorno lì, le previsioni danno pioggia a catinelle e freddo, mandando in malora tutti i piani di barbecue all'aperto.
Il giorno prima quindi, i due incontrano la manager e decidono di restare al chiuso. La manager riserva loro l'intero pub, decidono come mettere i tavoli, dove creare l'angolo giochi per i bambini e dove mettere il cibo e, non senza un bel po' di delusione da parte di Federica, si salutano.

Federica e John si sposano il 24 agosto 2013 a Londra

IL GRANDE GIORNO: Il giorno del matrimonio come per tutti è volato via come il vento. Alla fine ben 70 e più persone hanno partecipato, le amiche italiane e britanniche hanno aiutato Federica a prepararsi e l'hanno accompagnata all'altare (con anche un errore di percorso), John l'ha aspettata fuori, come si suole, nonostante la pioggerella. La cerimonia è stata breve, ma resa unica dal discorso della testimone e non sono mancati sorrisi, baci e riso (procurato da Federica la mattina stessa - integrale). Il pranzo era ottimo, Federica non ha smesso un attimo di bere e ridere, John ha pure fumato un sigaro, i bambini si sono divertiti con le bomboniere consistenti in bolle di sapone e con il loro angolo di giochi, Federica ha lanciato il suo bouquet e tutto è andato per il meglio nonostante la prevista pioggia a catinelle.
Alla fine per aver organizzato tutto in tre settimane, la coppia è stata assai soddisfatta. Ha concluso la serata in albergo come si conviene e dal giorno dopo le loro vite sono tornate normali, ma Federica ammette che da quel dì non è stata più la stessa cosa e da quando John e Federica sono sposati, stanno meglio. Forse si sono tolti un peso, adesso staranno insieme ufficialmente tutta la vita!

Ah, il giorno del matrimonio Federica era incinta ma non lo sapeva, probabilmente se lo avesse saputo non avrebbe bevuto così tanto. Il loro bambino è nato, in Texas, ed oggi ha 4 mesi.

Wednesday, 12 August 2015

Quattro


L'anno scorso avevo avuto tutto il tempo di partorire questo post in santa pace per augurarti il più bel compleanno del mondo.
Quest'anno mi sono ritrovata alle 11 di notte della vigilia a incartarti i regali e alle 11.30 a cercare di mettere insieme due parole che possano avere senso. Perché l'intento è lo stesso, che tu possa avere il miglior compleanno del mondo.
Ho da fare, è vero. Sono anche parecchio stordita. Domattina quando ti sveglierai non sarò nemmeno a casa a farti gli auguri, e non ci posso credere. Però ti ho fatto i cupcakes al cioccolato e domani pomeriggio te li porto a scuola. E dopo la festa a scuola, andiamo a fare festa da qualche altra parte. Promesso. Perché festeggiare è sempre cosa ben fatta. E domenica sarà tutto pronto - o almeno il più pronto possibile - per il party che tanto aspetti, con tutti i tuoi amici texani, la pizza e altri cupcakes, le fontane, qualche Elsa e qualche Anna - non troppe perché non se ne può più - e forse anche un temporale per non farsi mancare nulla.
Hai quattro anni e domani inizia il tuo ultimo anno di scuola materna. Hai quattro anni, i riccioli biondi, la pelle abbronzata e tante chiacchiere e distintivo.
'Io sono grande mamma. non dire che non sono grande mai più'
Sei grande si, mannaggia, fra due minuti vai al college e io non me ne sono nemmeno accorta, presa com'ero a correre di qua e di là. Però quando l'altra sera ti ho visto ballare con tuo fratello, al tramonto, con il vento dell'oceano in faccia, ho pensato che anche se non sono sempre li con te, sono riuscita a trasmetterti un po' di allegria di vivere. E questo me lo farò bastare, domattina, quando ti sveglierai un anno più grande e io sarò già uscita di casa.
Buon compleanno!
Avere quattro anni e i riccioli è meraviglioso.

Monday, 3 August 2015

In piscina

"Marmaid" by Sharadula
"Bianca, dopo un po' che nuoti sott'acqua, devi tirare la testa fuori, respirare e poi rimettere la testa sott'acqua." "E perché? io sono una sirena, come Ariel. Ariel respira sott'acqua e quindi anche io respiro sott'acqua" "Ma veramente tu sei un essere umano e non un pesce, perciò non puoi respirare sott'acqua"
"Non un pesce, daddy, una sirena. Come Ariel. Noi sirene respiriamo sott'acqua"

Forse era meglio quando la Disney traviava giovani menti femminili raccontando l'eterna minchiata del principe azzurro, piuttosto che convincere la nuova generazione di possedere superpoteri.

Saturday, 25 July 2015

Un sabato come ce ne vorrebbero di più. Not.


Sono giornate dure dure dure dure. Di quelle giornate in cui il frigo è vuoto, la molestia è tanta. la pazienza è finita e il marito, sempre meno ottimo marito nel mio immaginario, ancora non è tornato a casa.
Oggi giornata quasi da dimenticare.
Siamo state a Walmart, negozio di classe e noto per le alte frequentazioni, a comprare delle casse per i giochi. Nutro l'illusione che se ci saranno abbastanza contenitori in casa, la casa sarà ordinata. La realtà dei fatti è che la casa è ancora più impacchettata, perché, alla consueta coltre di giochi in ogni dove, si uniscono le casse - vuote - in mezzo ai coglioni. Dovevamo anche comprare il latte, ma il latte non lo vendono. Boh. È una settimana che siamo senza latte per la colazione, per la gioia degli anti-latte vaccino - come si chiamano? anti -lax? forse no,  questa sembra una marca di lassativi.  Ora che ci penso, potrei giustificare questa evidente carenza di cura domestica proclamandomi tale.
Il secondo e ultimo task della giornata era un compleanno ai gonfiabili. Di solito va alla grande, loro giocano e io mi accascio su una sedia e al massimo scambio due parole con gli altri genitori. Oggi quella con la B aveva la luna di traverso e ha passato i primi 20 di 60 minuti in un angolo a fare la commedia, con una faccia da derelitta che so bene da chi ha preso (non da me), suscitando attenzioni e scoramento da parte dei genitori dei compagni di scuola. Avevo la vena talmente tappata che ho rischiato l'ictus. Poi come se nulla fosse mai accaduto, ha iniziato a saltare come un'invasata, ha lucidato lo scivolo con il coccodrillo e ha anche brontolato quando è stata l'ora di andare a mangiare la pizza e torta.
Una volta a casa, già pregustavo un'addormentamento veloce, visto il mancato riposino, con conseguente serata in pace e non potevo sbagliami di più. Sono stati un'ora e mezzo a saltare litigare chiacchierare urlare piangere tirarsi bottigliate e via discorrendo. Il tutto corroborato da altrettante urla, minacce e scenate varie da parte mia.
Poi sempre quella con la B, tanto per darmi il colpo di grazia e farmi sentire ancora di più una lurida madre incompetente, si è addormentata buttando li che, siccome non può vedere i suoi nonni e il suo fratellone, allora guarderà le stelle perché sa che loro sono li.
Che cosa dovrei fare ora io - a parte chiedere il divorzio?
Ho ripiegato su una birra in solitaria e questo post. Che magnifico sabato sera.

Monday, 20 July 2015

Una delle tante

La Primavera

- Posso vedere il tuo vestito da sposa nell'armadio?
- Si, certo, ecco.
- Bello, ma non questo, quell'altro.
- Oh questo. Questo non e' il mio vestito da sposa, e' un vestito da carnevale che la mia mamma mi aveva cucito quando ero piccola. Lo tengo per te, per quando sarai più grande.
- Me lo posso mettere quando cresco?
- Si certo
- E chi è che l'ha fatto?
- La mia mamma, la tua nonna.
- Grandma o nonna Teresa?
- Nessuna delle due Bia, la mia mamma, la tua nonna che è nelle stelle.
- Oh, peccato che non la posso conoscere e ringraziarla per quel bellissimo vestito. Posso mangiare uno yogurt?

Ecco, penso che mi ci vorranno ancora parecchi decenni per abituarmi a questa nonchalance. E anche a buttare giù questo rospo gigante, che per loro, quei nonni lì non saranno mai esistiti.


Friday, 17 July 2015

Making Cancer History


Proseguendo sulla falsariga del post dell'altro giorno e visto che qualcuno si e' lamentato che non abbia scritto di piu', eccomi a provare a scrivere due parole, semplici, concise e sperabilmente chiare ai piu', sul cancro.
Perche' chi dice che ha la cura del cancro, o divulga la teoria del complotto secondo cui la cura del cancro sarebbe nota, ma le case farmaceutiche la nascondono per questioni di soldi, dice cazzate.
Perche' il cancro non e' un agente esterno che attacca il nostro corpo come un virus o un batterio. Non e' nemmeno qualcosa che non funziona nel nostro corpo. Sotto il termine 'cancro' si racchiudono un numero tristemente molto alto di diversi tipi di malattie che hanno un unico, terribile, comune denominatore: le cellule cancerogene hanno trovato tutti i possibili modi di autostenersi e di  proliferare in maniera incontrollata eludendo tutti i sistemi di controllo del corpo umano. Ogni tumore e' diverso dall'altro e varia anche da persona a persona e da stadio a stadio.
Per andare un po' piu' nel dettaglio, le cellule tumorali possono creare vasi sanguigni aggiuntivi per nutrirsi (angiogenesi), scappare ai meccanismi di controllo di morte cellulare (apoptosi), riprogrammare i meccanismi di riparazione del DNA, imbrogliare il sistema immunitario, creare  propri segnali di crescita e migrare simpaticamente in altre parti del corpo (metastasi).
Questi sono alcuni dei meccanismi che le cellule tumorali hanno scovato per non morire e ognuno dei meccanismi enunciati, e' esso stesso super complesso e puo' avvenire in moltissimi modi diversi.
Come ha detto qualcuno, le cellule tumorali hanno trovato tutti i possibili sistemi per ingannare la morte, eccetto per un piccolo particolare: se lasciate agire indisturbate, chi le ospita, il malato di cancro, semplicemente non sopravvive.
Penso che inizi a apparire chiaro perche' anche solo pensare che esista una cura univoca per il cancro sia una semplificazione cosi' immensamente grande che sfocia nella minchiata.
Cosa cerca di fare allora chi cerca di curare per davvero un malato di tumore?
Cerca di

  • rimuovere le cellule tumorali 
  • o di ucciderle con la chemoterapia o radioterapia
  • o di riportarle sulla retta via a seconda del loro particolare cattivo comportamento.
Ognuno di questi tre approcci e' un mondo a se' e mi servirebbe un libro, non un post per anche solo scalfirne la superficie. Oltretutto anche io ne so poco o niente. E piu' so e meno mi sembra di sapere perche' e' una biologia cosi' complessa che non credo abbia paragoni.
Ma si stanno facendo passi da gigante. Nella comprensione dei meccanismi biomolecolari, nella scoperta di nuovi farmaci sempre piu' efficaci contro le cellule tumorali e solo loro, nella costruzione di macchinari per radioterapia sempre piu' sofisticati che vadano a bombardare solo il tumore con il minimo impatto per i tessuti circostanti.
Molti tumori non sono piu' una condanna a morte. Si stanno facendo passi da gigante e prima o poi sempre piu' tumori saranno curabili. Ma non con il bicarbonato, la dieta vegana e le pozioni magiche.

Wednesday, 15 July 2015

il bicarbonato a volte acidifica


Lunedì mattina, ad esempio ha acidificato me.

Penso che Facebook sia una bella invenzione per farsi i cazzi altrui e seguire le vite degli amici lontani. La uso abbastanza volentieri, scrollo regolarmente i feed, posto foto buffe dei miei figli, a volte mi azzardo anche a scrivere qualche pensiero fugace o qualche commento.
Penso però che sia una piattaforma del cazzo per discussioni serie. Con questo granitico stato d'animo, mi sono sempre tenuta alla larga da tutta una serie di battaglie ideologiche, guerre politiche e idiozie pseudoscientifiche che puntualmente mi compaiono sullo schermo del computer.
Lunedì mattina invece mi è partita la bambola.
Però mettetevi anche nei miei panni. Mi sveglio, è lunedì, il marito è via da 8 giorni, due marmocchi di diversa stazza mi dormono su varie parti del corpo. Con un occhio chiuso e uno aperto spengo la sveglia, trattengo la pipì e, nel disperato tentativo di allungare il soggiorno a letto, decido di controllare Facebook.
E ci trovo l'ennesimo articolo sugli infiniti benefici del bicarbonato di sodio, sui prodigi di questa molecola che, incredibile ma vero, alcalinizza. Ovviamente questa scomoda verità verrà tenuta nascosta a causa di complotti delle "case farmaceutiche" (qualunque cosa significhi). Perché si, signori, "studi" hanno dimostrato che il bicarbonato curerebbe addirittura il cancro!
Era lunedì mattina, mi è partita la bambola e non mi asterrò più.
Perché ho sorvolato quell'altro articolo che diceva che, udire udire, le cellule tumorali sono avide di zuccheri (davvero? ma nessuno in cancer research lo sapeva, meno male ce l'ha detto Facebook) e quindi, sapete come si cura il cancro? basta mangiare meno pasta e meno caramelle (ecco questo, se non fosse chiaro, è una minchiata).
Ah, e anche quell'altro che diceva che dei ricercatori di non so dove in Italia avevano scoperto la cura per il cancro, ma che la verità sarebbe stata sotterrata dalle "case farmaceutiche" e questi geni messi a tacere. In quel caso lessi addirittura l'articolo: il gruppo in questione aveva sintetizzato una molecola attiva in vitro. Sticazzi, io ne ho sintetizzate almeno una quindicina se è per questo, eppure nessuno ha scritto un articolo su di me. Quasi quasi mi offendo.
Potrei continuare, ma non mi va.
Il punto di questo post non è elencare per l'ennesima volta le novelle che girano e demistificarle (ma chi fosse interessato può iniziare a leggere qui).
Il punto è sfogare un po' di giramento di coglioni per come, a quanto pare, chiunque possa mettere bocca su certi argomenti caldi (cancro, vaccini, pesticidi, riscaldamento globale per citarne alcuni) senza avere il minimo background scientifico. La scienza non è un'opinione. La scienza si basa su dati sperimentali. E se non si è in grado di leggere i dati sperimentali e interpretarli, per piacere, che si passi a parlare di altri argomenti. Su un film, un quadro, un vestito qualunque opinione è lecita, sul possibili trattamenti per il cancro, no!

Tuesday, 7 July 2015

Un inizio un po' così

In giornate che cominciano come oggi, mi manca molto il blog "Bad Mommy Moments - celebrating the days of motherhood that suck".
Premettiamo che ho un ottimo marito, forse non ai livelli di un marito del nord Europa (e' pur sempre siciliano), ma quando c'e' di solito si rende utile assai. Sopratutto, gioca con i bambini e se ne occupa, lasciandomi il tempo e la serenita' di occuparmi della casa e dei pasti nelle 3 ore al giorno in cui mi ritrasformo in una mamma. Quando c'e', appunto. Perche' per lavoro viaggia parecchio e, in certi periodi, direi troppo.
Ecco, questo e' uno di quei periodi.
Stamani mi sono svegliata che Fabio urlava disperato. Dopo un po' di tentennamento nel dormiveglia ho capito perche': aveva fatto la cacca nel sonno - chissa' a che ora - e aveva un rush mai visto (da me) prima . Povero topo. Urlava mentre lo lavavo...
Dopo crema, coccole e, ahime', pannolino usa e getta (la crema contro il rush e' mortale per i PL), li ho messi tutti e due a fare colazione. La Bianca aveva iniziato a essere molesta gia' da prima, con voglio il frozen yogurth, no non lo voglio piu', voglio i gram crackers -  ma non ci sono -  ma voglio quelli. Una volta assestatisi, lei sui cereali con il latte e lo yogurt non congelato e lui con il latte e i biscotti, vado a farmi una doccia al volo. Esco e sento urla beduine. Fabio aveva rifatto la cacca ai mirtilli tutta di fuori dal cazzo di pannolino usa e getta. Avete mai avuto a che fare con una cacca ai mirtilli? Ecco, macchia di nero più del pennarello indelebile. Nel mentre quell'altra continuava a lamentare di volere questo e quello, io, pazientemente, lo rilavo, lo ricambio e lo risiedo. A questo punto, sto dietro a quell'altra che era sempre in pigiama a fare la cacca anche lei (per fortuna nel gabinetto). Una volta vestita, vado per preparare Fabio e lo trovo di nuovo tutto pieno ci cacca al mirtillo, perche' ovviamente mi era sfuggito di pulire il seggiolone. Qui ho perso la bussola: con Fabio che continuava a divincolarsi per il male al sedere, la Bianca che continuava  con mammammammamma voglio lunch box, mammammammamma voglio apple juice, mammammammamma voglio piu' mirtilli di Fabio, mammammammamma mammammammamma mammammammamma e quell'altro uea uea uea dadadadad mamammmaammama ueaueaueau. Ho inizia a urlare alla Bianca di stare zitta (orribile - penso sia la prima volta che le dico di stare zitta perche' 'sta zitta' e' orribile) a Fabio di stare fermo mentre cercavo di rimuovere le ultime macchie di cacca al mirtillo.
A crisi rientrata, figlioli vestiti, lunch boxes preparati, maledetti pannolini usa e getta presi, siamo riusciti a uscire di casa. Erano le 7.54am...

Li ho lasciati all'asilo come faccio da tutta la vita. Lei seduta nella bibliotechina a ascoltare la maestra leggere 'The smartest giant in town' e lui accoccolato in braccio alla sua maestra, un po' sbattuto dal male al sedere.
Mi sono sentita malissimo.
Per tutti gli "sta' zitta", "sta' fermo", no qui e no li. Per tutte le volte che perdo la pazienza e urlo. Per ogni sera che sono da sola e lascio che la situazione mi scappi di mano. Per ogni notte che sono da sola e ho paura che qualcosa mi succeda.
Perche' quando babbo-daddy-pappa-dadda e' qui e' tutto un altro stare. Anche se si litiga. Anche se il computer e' sempre acceso. Anche se fra me e lui c'e' sempre e comunque un aggeggio della Apple.

Wednesday, 1 July 2015

me, myself and I


Manco dalla bloggosfera da quasi un mese. Come sempre mi succede, quando vengo risucchiata dalla routine lavorativa, i giorni se ne vanno non so bene dove, i fine settimana sono sempre troppo corti, le vacanze sono sempre troppo lontane e la sera, quando tutti dormono e c'è finalmente silenzio, non ho più la lucidità di raccontare. O forse, più semplicemente, non ho granché da raccontare.
Ma volendo fare il punto della situazione, in questa notte buia e tempestosa, in cui tutti, ma proprio tutti, dormono dalle 9.30pm, mi viene da stilare la seguente lista di fatti e frustrazioni:

  • lavorare a MD Anderson Cancer Center, dove, con proprio poca spocchia, abbiamo la missione di "Rendere il Cancro Storia", mi ha fatto realizzare abbastanza velocemente che a) avevo l'illusione di capire qualcosa di biologia del cancro, ma era appunto un'illusione; b) quello che sapevo era una piccola goccia in un'oceano di sapere; c) quello che pensavo essere all'avanguardia era almeno una decina di anni indietro rispetto alla vera avanguardia.
  • il mio io lavorativo è stato catapultato, con la sua piccola bolla di conoscenza, su un altro pianeta. Ogni giorno, lui poverino mette il capino fuori per cercare di assuefarsi all'aria che deve respirare nella nuova atmosfera, e, puntualmente, gli dà alla testa, perché troppo ricca di input. Allora ha sperimentato il seguente approccio: in capo a una conversazione, o a un meeting, in cui non si pronuncia una sola parola di chimica, ma solo di avanzatissima biologia, lui selezione e registra poche parole chiave, che poi cerca su google e legge e studia e interpreta in retrospettiva. 
  • anche il mio io chimico-freddo si è reso conto di essere indietro come la martinicca del carroccio, perché nel mondo moderno non si fanno più TLC, ma agili LC-MS e le vecchie care colonne hanno lasciato il posto alle macchinine automatiche con colonnine usa e getta che fanno tutto da sole.
  • l'unico che se la cavicchia è il mio io chimico-caldo, che ne sa abbastanza da avanzare a testa alta fra moduli e nuove sfide, almeno finché non fallirà nel consegnare l'attività per il primo studio preclinico di una cerca portata.
  • esiste ancora un io-mamma, relegato alla sera dalle 6 alle 9 e al fine settimana, che si barcamena fra cene, lavatrici, giochi, urla, scleri, pianti, piscina e infinite feste di compleanno. Quell'io mamma lì rimpiange il suo ex-sè SAHM e sperava di non entrare così velocemente nel vortice del non avere più tempo per far nulla, ma infondo sapeva che sarebbe finita così e quindi pochi fichi e pedalare.
  • nascosta bene, da qualche parte, infine, ci sono io. Quella che si guarda la sera allo specchio quando tutti dormono e non è che proprio si piaccia tanto, con ancora troppi chili da perdere, troppi pochi muscoli, qualche ruga e anche qualche capello bianco in più. Allora ho deciso che, siccome al momento la corsa non so proprio dove infilarla, se non a scapito del già risicato tempo dedicato alla prole, era il caso di mettersi a dieta. E sto facendo la fast diet, morendo di fame due giorni a settimana e nella fattispecie adesso. Sto anche facendo - di nuovo - il 30dayschallenge (plank, addominali, bridge, gambe e rotazioni). Per ora non ho raggiunto nessun risultato, ma non demorderò e andrò a letto, agognando un chilo di BBQ ribs. 

Thursday, 4 June 2015

Chiusure

Everywhere by Gioia Albano
Poi è stata la volta dell'allattamento, che è finito così, senza nemmeno avvertire. Non riesco a capire come mi sento e non sono nemmeno sicura se valga la pena di scriverci un post sopra. 
A me allattare è venuto naturale, ho allattato per un totale di 29 mesi in ogni dove: aria acqua terra, pub ristoranti locali con musica dal vivo, case chiese matrimoni feste autobus treni macchine, in piedi a sedere sdraiata, da sveglia e anche dormendo. Senza coprirmi e senza esibirmi. Così, come si beve da una bottiglietta di acqua. 
Avevo deciso di allattare la Bianca fino a due anni, ma allora le cose erano un po' strane qui in casa e a 16 mesi decidi di forzare la mano e smettere. Me ne sono così pentita che avevo pensato di lasciare Fabio libero di puppare a tempo indeterminato, totalmente impermeabile a qualunque commento o dovuta spiegazione. Invece già da un po' avevo l'impressione che il meccanismo si fosse inceppato. Fabio puppava con piacere quando lo riprendevo all'asilo, ma la notte puppava in maniera quasi isterica, senza riuscire a rilassarsi e spesso piangendo e agitandosi nel dormiveglia. 
Sono andata a una conferenza e per cinque notti ho lasciato la prole con il legittimo padre. La prima notte Fabio ha pianto, la seconda no, la terza, a detta di John, si è addormentato da solo con il sorriso sulle labbra. 
Non ci ho creduto finché non l'ho visto con i miei occhi. Gioca, reclama coccole, si rotola addosso, poi a una certa si rotola via e si addormenta. E dorme. Senza quasi mai svegliarsi, sghignazzando nel sonno. Mi chiedo che cosa sogni o cosa gli passi per quella testolina, così piccina e così vispa.
Ed io? Io mi sento come se un'altra grande era fosse finita, un po' più stanca per la mancanza della prolattina che mi teneva su, un po' sollevata, un po' triste, un po' serena, un po' in colpa, un po' nostalgica. In piena sindrome pre mestruale, per farla breve. 

Sunday, 24 May 2015

Passaggi di testimoni



Abitiamo in un appartamento molto piccolo per gli standard americani, senza spazio di storage e pieno di roba. Abitiamo qua perché è centrale, vicino a dove lavoriamo e ci permette di muoversi in bicicletta e di non perdere ore preziose di vita in fila ai semafori. Ma vivere in una casa piccola fa si che ci di debba liberare di tutto ciò che non è essenziale, il che include la roba dei bambini che non serve più, quella che uno tiene perché non si sa mai.
Quindi via via che Fabio e Bianca crescono, tutto parte: cullette, lettino, palestrina, giocattoli, bagnetto, accessori e tonnellate di vestiti. Tutto va in altre case, per essere sfruttato da altri bambini e via e via fino a consunzione. Perché per la mia categorie di persone, l'era del bambino nuovo cose nuove per fortuna è finita, e l'idea del rispetto dell'ambiente e la diminuzione degli sprechi sta prendendo sempre più campo. E poi diciamocelo, la roba si ritrova, proprio per lo stesso principio, no? 

Tutto è partito, meno i pannolini lavabili. Perché nella mia testa, quando avrei dato via quelli, sarebbe significato che avrei fatto festa con il fare figli. Quelli si ritrovano più difficilmente. Ed io di figli ne volevo tre, tre in terra, quindi i pannolini ancora mi sarebbero serviti per un ultimo giro.

Ho postato l'annuncio l'altro ieri mentre ero al semaforo in coda, senza pensarci troppo. Pannolini taglia uno, per chi li vuole, con una serie di accessori, perché ne ho molti e non mi servono più. Dopo un minuto scarso la risposta di una persona, pochi scambi, affare fatto.

È appena arrivata, con il suo pancione,  a ritirare la busta. Gliel'ho porta come se passassi un prezioso testimone. Un carico di amore, che affonda le radici nel lontano 2010, quando il primo pacco di prova arrivò a casa per Jacopo. 

Forse dopotutto in questa casa non serviranno più pannolini taglia uno. Ed io resterò con i miei tre figli, di cui uno in cielo.

Sunday, 10 May 2015

A tutte le mamme silenziose


Sul finire del giorno della festa della mamma, voglio fare un augurio di cuore, ma di cuore davvero, a tutte le mamme che oggi non hanno ricevuto fiori, cartoline e regalini.
Quelle mamme, oggi, se sono uscite di casa, hanno riflettuto bene sul mettersi il rimmel water proof o sul non truccarsi affatto, hanno camminato per strada con il groppo alla gola e le lacrime agli occhi, hanno lasciato che lacrime silenziose scendessero alla vista di bambini, carrozzine, fasce, tricicli e biberon. Lacrime silenziose, per non disturbare la gioia delle altre mamme, quelle i cui bambini erano li accanto a loro, a giocare, mangiare, dormire, piangere, correre e crescere.
Quelle mamme, quelle riconosciute da nessuno, nemmeno da chi sa e che ha paura di essere indelicato, quelle mamme oggi le ho pensate tutte, mentre ero io li, ai giardini, dall'altra parte della barricata, a guardare i miei bambini giocare nelle fontane.
Avrei voluto prenderle a una a una e dire loro che sono mamme come tutte le altre, ma davvero, non per tanto per dire e che se i loro bambini, dal cielo, non hanno potuto prepare loro nessun regalo, di sicuro sono li a guardarle essere forti.

Auguri a tutte, sul finire del giorno, sempre per non disturbare.

Thursday, 30 April 2015

Namaste


Era il 2001 o forse il 2002, non ricordo. Era l'anno che entrava in vigore l'euro, perche' partimmo con le lire e tornammo con un in tasca qualche rupia e qualche euro. Era inverno perche' per motivi logistici non avevo fatto le vacanze di estate e quindi eravamo partiti per quel viaggio durante le vacanze di Natale.
Era la prima volta che andavo in Asia. 
Era il 2001, certo. Ora ricordo con esattezza. Era dicembre 2001, il dicembre dopo il settembre delle torri gemelle. Lo ricordo perche' il Nepal fu un viaggio di ripiego. La meta prescelta era l'Egitto, ma non avemmo, stupidamente, il coraggio di partire per un paese musulmano. Come se c'entrasse qualcosa. Per tutta risposta in Nepal c'era in corso una tostissima rivolta maoista, che ci obbligava a rientrare in guesthouse prima del coprifuoco, prima che i militari armati di fucile iniziassero a pattugliare le strade di Thamel, il getto turistico di Kathmandu.
Di quel viaggio ricordo moltissimi dettagli. Ricordo le strade piene zeppe di traffico di motorini, macchine, biciclette, piccioni e mucche; il ristorante dove andavamo a cena ogni sera, cena che si concludeva religiosamente a te nero. Ricordo la piazza principale, il tipo che il primo giorno ha insistito per farci da guida - il cui inglese ai quei tempi prelondinesi mi era totalmente oscuro - e il tipo che ci ha inseguito per un mese per venderci l'olio di tigre. Ricordo i negozietti di braccialetti di vetro, il caos dei mercati delle vie secondarie, il funerale hindu in cui incappammo in uno dei primi giorni. Ricordo i viaggi interminabili in bus, uno appollaiato sull'altro o appeso ai finistrini. Ricordo le camminate altrettanto interminabili per arrivare alle cittadine adiacenti a Kathmandu, per strade polverose costellate di bambini che non facevano che gridare 'Namaste' e 'Mi dai una caramella'.
Ricordo l'emozione immensa che ho provato di fronte alle pagode con i Buddha giganti e agli altarini sparsi ovunque di Ganesh. Ricordo come sono rimasta ammaliata dei monaci che suonavano i gong e dalla gente comune, che si recava a pregare con la tilaka sulla fronte.

Il pensiero che molto di quello che mi ha regalato quelle emozioni non c'e' piu', mi e' arrivato allo stomaco come un pugno. 4000 morti. Forse anche qualcuna delle persone che ho conosciuto, dei tassisti che ci hanno dato un passaggio, degli albergatori che per poche rupie ci hanno dato un tetto e dei ristoratori che per ancor meno rupie ci hanno dato un Dal Bhat. 

Il Nepal restera' sempre nel mio cuore come il viaggio che mi ha fatto amare l'Asia. 

Se qualcuno ha voglia e qualche spicciolo, per favore si prenda la briga di donare qualcosa a una delle molte organizzazioni no profit che si occupano di portare aiuto a quella gente. Che e' proprio bella gente.





Friday, 24 April 2015

Uno


AUGURI FABIOLINO

E cosi' hai gia' un anno e sembra ieri che sei uscito fuori, con quell'aria furbina che non ha fatto altro che affinarsi nel successivi 365 giorni. In 365 giorni, che sono sembrate 365 ore, hai imparato a alzarti e fare qualche passo, a chiacchierare cose sconnesse in cui si puo', con un po' di fantasia, riconoscere la parola "mamma", a lanciare qualunque cosa ti capiti fra le mani, con la forza e la precisione di un giocatore di baseball e a mangiare il formaggio con la cipolla caramellata e il coscio di pollo.

Sei un bambino maschio che risponde alla definizione perfetta di bambino maschio, un terremoto entropico ammaliato da palle e macchinine, che non sta fermo un minuto nemmeno quando dorme; che si alza, casca, batte chiorbate dappertutto e si rialza senza battere ciglio; che prende a schiaffi e morsi tutta la famiglia con il sorriso sulle labbra, perche' in cuor suo sono carezze e baci pieni di amore. Sei veloce come una faina, simpatico e bello e con due occhioni che mi daranno parecchi pensieri, fra un po' di anni. Sei il mio bambino piccolo e il mio amore grande e mi hai rubato il cuore 365 giorni fa e non me lo hai reso piu'.
Per tutti questi traguardi che hai raggiunto in solo 365 giorni, ti meriti 365 milioni di baci e 365 mila auguri, quattro tubetti di yogurt ai frutti di bosco, mezz'etto di fontina e una piattata di fusilli al sugo.

E una festa di compleanno meravigliosa, in un posto dove puoi scorrazzare libero e senza sosta per tutto il tempo che vorrai.

Sunday, 12 April 2015

Matrimoni sparsi per il mondo


E quindi siamo stati al nostro primo matrimonio made in USA, anche se era fra due giapponesi e, per di più, che erano belle sposati.
E siccome era un matrimonio di giapponesi mi pregustavo una galore di sushi e bento di tutti i tipi con iniezioni di fusion texano come il texan roll. Invece, siccome era un matrimonio made in USA, abbiamo mangiato pollo, insalata e patate arrosto. Una delusione cocente.
La sposa, di tutta la testa più alta del marito, indossava un bel vestito bianco e gli stivali. Perché il tema del matrimonio erano i cowboy. Non particolarmente originale, essendo in Texas, ma mi ci sarei buttata a capofitto se lo avessi saputo. Invece avevo il mio bel vestito arancione di Reiss e le mie magnifiche Manolo con le fragoline. Entrambi gli acquisti furono frutto di una giornata di libera uscita dall'ospedale pediatrico, oramai quasi 3 anni fa. Indossarli mi riporta sempre al momento in cui uscii da quell'ospedale con la mia bambina guarita anche se un po' incerottata. Ma questa è un'altra storia, che non ho mai raccontato e pace. Sono contenta di esserci rientrata in quel bel vestito, anche se stavolta ho barato e mi sono convinta e indossare uno di quei mutandoni elastici che fanno sembrare figo chi non è. Ecco, mai più senza. Mai più. Devo solo riuscire a chiuderli, i vestiti, e poi il più è fatto.
Ma sto divagando.
Il matrimonio è durato poco, con una schedule tipica marines come quella dei compleanni dei bambini, ma è stato divertente. C'era tutto, compreso il video dal giappone di chi non ha potuto partecipare, che ha fatto piangere per mezz'ora la sposa e lasciato inespressivo lo sposo. Cosa familiare, anche questa.
Alla fine siamo tornati a casa, presto abbastanza e soddisfatti.

io: Bianca ti è piaciuta la sposa?
B: no
io: no? e perché? aveva un bel vestito bianco.
B: no, perché io voglio essere la sposa con il vestito bianco.
io: quando ti sposi te, te lo potrai mettere un bel vestito bianco.
B: allora io mi sposo domani
io: si, ma ti serve di trovare un marito prima.
B: OK. Dov'è?

Saturday, 14 March 2015

Cacciatrice di draghi


Uno non dovrebbe mai sottovalutare la potenza della legge di Murphy, quella che dice che, se vedi la luce alla fine del tunnel, sono probabilmente i fari del treno che ti sta venendo addosso.
Così sul concludersi della mia prima settimana di lavoro mi sono beccata un'influenza di quelle con la febbre alta e le ossa rotte. Evidentemente i virus erano tutti pronti fuori dalla porta a attaccare al momento meno opportuno. Inoltre John è partito per una conferenza e sta via fino a metà settimana prossima. Infine stamani c'era la prima lezione di nuoto della B.
Quando uno è mezzo malato, stanco e confuso, non ha testa e dovrebbe stare a letto, perché rischia di fare grosse cazzate. Infatti io la mia, gigante, l'ho fatta stamattina.
Alzati di buon ora, con io sola e mezza rincoglionita dalla febbre di ieri, si parte tutti e tre con un leggero ritardo sulla tabella di marcia, si parcheggia nel parcheggio un po' lontano e ci si dirige di buona lena in piscina. Bianca si prepara per entrare, entra ed è serena e tranquilla come sempre. Del resto va a nuoto da quando ha 6 mesi e l'anno scorso, a chiusura della stagione, faceva i tuffi dal trampolino (non è un'iperbole, c'ho un video che lo dimostra).
Io, tutta sorridente, a una certa sento morire il sorriso fra i denti, quando realizzo che ho lasciato in bella vista portafoglio, telefono e carta di credito sul sedile della macchina parcheggiata. Notare che giusto venerdì c'era arrivata una mail che riportava casi di furto in quello stesso parcheggio, con conseguenti raccomandazioni di non lasciare nessun bene in vista, nemmeno la borsa dei pannolini. Figuriamoci la carta di credito e l'iphone nuovo di zecca. 
Chi non ha testa, abbia gambe.
Confidente della confidenza della Bianca con l'acqua, la lascio in piscina con la sua amica e il padre e corro a recuperare il malloppo.
Torno tutta trafelata dopo un pochino e la trovo urlante e piangente e mi dicono che non è stata affatto contenta, che non si è voluta far toccare dall'istruttore e che non ha voluto nuotare. Lei mi dice che vuole andare a casa, che non vuole stare li e piange piange e piange. Io sono sbalordita.
Una volta calmata, mi dice che le sono tanto mancata e che la prossima volta devo mettermi il costume anche io e stare nell'acqua con lei, che così lei sa di essere al sicuro.
I cuore mi va in frantumi, sono mortificata, chiedo scusa in due lingue, giuro che non la lascio mai più fino a quando è maggiorenne e faccio ammenda lasciandola mangiare latte e biscotti prima di pranzo, con inevitabili e prevedibili conseguenze.
Ma qualcosa non mi torna. Non era la prima volta che stava in piscina da sola. Quello era un attacco di paura esagerato. Tutta questa ansia da separazione da dove veniva? Gelosia? Insicurezza? Paura dell'ignoto? 
No. La soluzione è molto più semplice e molto più... beh... da bambini.
Me lo ha confessato prima di addormentarsi, in quella sonnolenza rilassata che è anche il momento ideale per rielaborare i fatti della giornata.
C'era una maledetta formica. Lei ha paura delle formiche. È terrorizzata delle formiche che le camminano addosso. Mentre era in acqua ha visto una formica sul braccio e si è tanto spaventata, ed io non ero lì con lei, con il costume, nell'acqua a scacciare la formica. O a sconfiggere il drago. 
Perché fanno tanto i saputelli e vanesi che uno se ne scorda di quello che sono. Bambini. 

Monday, 9 March 2015

Date

Il 9 marzo dell'anno scorso, alle 6 di mattina, ci svegliammo per finire di prepare i bagagli. Un cabbie sarebbe venuto a momenti a prenderci per portarci all'aereoporto di Heatrow. Dopo poco avremmo preso il volo diretto per Houston, lasciando Londra e 8 anni di vita alle spalle, in una splendida mattina di sole.
Stamani, 9 marzo, alle 6 di mattina mi sono svegliata spostando Fabio mugolante che mi dormiva addosso come sempre, mi sono vestita, ho preso l'ombrello e mi sono incamminata a piedi, sotto la pioggia battente, con lo stesso stomaco arrotolato di un anno fa, verso una nuova avventura. 

Saturday, 7 March 2015

Che mamma sono?


Che mamma sono?
Sono una mamma che stanotte non ha quasi chiuso occhio perché il suo bambino, con la tosse come flebile scusante, ogni poco si è svegliato e ha preteso di puppare e alle 4 di mattina si è messo a gattonare sulla sua testa e a tirarle i capelli e le botte perché aveva deciso che era finita l'ora della nanna. Sono una mamma che ha oscillato dalla pazienza all'irritazione più incontrollata, che si è alzata di schianto alle 6 gridando a quello stesso batuffolo amoroso che non le doveva più rompere i coglioni, e che alle 7, quando finalmente si era addormentato, ed era stato risvegliato a botte e urla dalla sorella, ha dato di fuori di balta e ha cacciato tutti dalla stanza urlando che lei voleva dormire e che tutti quanti potevano anche andare a fanculo.
Sono una mamma che passa una serata a cucire vestiti per la barbie da calzini vecchi e crea biglietti di san Valentino a collage e che la sera dopo non vuole rotti i coglioni e si vuole solo guardare una puntata di una serie TV con le cuffie.
Sono una mamma che cucina gateux di patate, muffin alla banana e lasagne vegetariane, ma anche nutre i figli a pasta all'olio, riso in bianco con pomodori crudi e lasagne surgelate del supermercato perché che un'ammazza ingrassa.
Sono una mamma che ha scelto di non dare il ciuccio, di allattare a richiesta e di dormire nei letti montessoriani e che ciclicamente rimpiange di non avere scelto di imbottire il figlio con un biberon di latte e biscotti, prima di farlo dormire nel letto con le sbarre, con il ciuccio in bocca e il metodo Estevill.
Sono una mamma che a volte ha voglia di giocare a fare le costruzione, con il playdough artigianale e i puzzle e a volte ha voglia di stare al computer a farsi i cazzi propri ignorando un gran numero di insistenti richieste di attenzione.
Sono una mamma che davvero non si capacita di come si possa pensare di non mandare i figli all'asilo. O, se la giornata è particolarmente piena di follia, in collegio.
Sono una mamma come ce ne sono tante, probabilmente dipolare, che di sicuro sta crescendo figli con traumi permanenti che costeranno loro molti dollari di terapia in futuro, che a tratti rimpiange di non aver preso una via differente, che talvolta vorrebbe mandare tutti a cagare e partire con lo zaino in spalla per un giro intorno al mondo in solitaria e a volte sta benissimo dove è.
Sono una mamma che stamattina vorrebbe solo dormire e svegliarsi quando si ricorda perché mai, un giorno di gennaio di 5 anni fa, ha scelto di essere una mamma.

Monday, 23 February 2015

Life as we know it


C'era una volta una ragazzina magra e inquieta. Una ragazzina che non voleva essere dove era, nonostante fosse circondata d'amore. Quella ragazzina era forse un'ingrata, ma per certi versi aveva le sue buone ragioni. A quella ragazzina, quella realtà andava stretta e nemmeno lei sapeva perché. Forse semplicemente a volte le persone nascono nel posto o nel momento storico sbagliato.
Appena quella ragazzina, ormai ragazza, ha potuto, se ne è andata e non è mai più tornata. Si è installata in un'altra città e ha vissuto in altre case, a volte condivise a volte no, e ognuna di quelle case provvisorie erano più casa di quella in cui era cresciuta. Un giorno, presa dal panico, ne aveva comprata una, investendo ogni centesimo. Quella si che era casa sua. Qui in teoria si sarebbe dovuta concludere la sua storia. Qui, con la realizzazione del grande sogno italiano del lavoro fisso e della casa di proprietà. Il destino per quella ragazza aveva però altri programmi.
Per una serie di strani eventi, quella ragazza se ne era andata di nuovo. Si era chiusa alle spalle la porta di quella casa come se dovesse tornare la mattina dopo e se ne era partita a prendere un aereo, munita solo di uno zaino e un trolley. In quella casa, quella ragazza non c'è più tornata, se non, raramente, in vacanza.
Quella ragazza, ormai donna, ha vissuto in moltissime altre case da allora, tutte sono state casa e no, in tutte è stata felice e triste, bene e male. Ne ha anche comprata un'altra, questa volta sapendo che se ne sarebbe comunque andata. Oramai il sogno italiano era stato smantellato e sostituito dalla più prosaica mentalità inglese secondo la quale i soldi del mutuo sono soldi finti.
È strano però come quasi mai quella donna, che per tutta la vita ha continuato a albergare quella ragazzina inquieta, abbia provato senso di completezza, senso di essere dove davvero voleva essere.
È così che, quella sensazione, pura, cristallina, rilassante,  l'ha colta di sorpresa un paio di domeniche fa. Proprio qui, in questo posto così lontano e alieno, così diverso dalla sua visione di casa.
Quel giorno quella donna stava pedalando una bici attaccata a un carretto, di ritorno da uno stupido parco con scivoli e altalene, dove aveva incontrato un'amica che l'aveva invitata a pranzo e poi un'altra amica che l'aveva invita a prendere un tè, e poi e poi. A un certo punto si era sentita bene. Si era sentita esattamente dove voleva essere ed ha accarezzato l'idea che forse, dopo tutto, questa vita è proprio la vita che voleva.
Quella donna, finalmente, a 40 anni, pedalando in una serata tiepida di inverno, ha sentito che forse, e sottolinea forse, qualche nodo si sta finalmente iniziando a sciogliere. Ha sentito che a 40 anni non ha più voglia di sentirsi fallita perché ha condotto una vita, sia personale che professionale, fuori dagli schemi e, sopratutto, ha sentito che è parecchio stufa di aver paura di qualche mostro in agguato sotto il letto.

Tuesday, 10 February 2015

Perdizione

Run Barry Run

Lo ammetto sono perduta. Ho completamente abbracciato lo stile di vita americano.
Fast food, coca cola e usa e getta? No, non quello stile.
Lo stile di vita dello houstoniano medio borghese, per il quale la vita ideale consiste nei seguenti agili step:

  • portare i bambini ai giardini vestito in tutina di acetato come un supereroe;
  • mollare i bambini li con qualcuno, tata messicana per i ricconi di WestU, babbo per me.
  • andare a correre.
  • tornare tutto sudato ai giardini
  • fare pic nic sulla panchina al sole di un pomeriggio di febbraio o tornare a casa per pranzo in bicicletta.

La mia trasformazione è quasi completa, come dimostrato dalle magline di acetato ultimamente acquistate. Devo solo scolpirmi il fisico, perché competere con queste yummy-mummy che vedi a spingere passeggini da corsa, sogno erotico di ogni babbo di ogni bambino compagno di scuola dei miei figli... è dura!

Wednesday, 4 February 2015

30 anni



Vengo sempre bollata dal mio delizioso marito come quella che non sa fare né apprezzare le sorprese.
Allora oggi che è il suo compleanno, e che cambia decennio, perché di grazia non sono solo io quella che invecchia, mi sono impegnata tantissimo.
Sono settimane (via forse settimane no... qualche settimana) che ci penso e ripenso e alla fine avevo deciso di seguire il consiglio di una amica e fargli 30 piccoli regali. Poi però ho realizzato che ero a corto di idee.
Allora ho optato per 10 regali, che è un dividendo, e mi sono inventata la scusa che ognuno vale tre.

1. quaderno per sproloqui matematici 100% riciclato comprato in uno dei suoi negozi ecosticazzi preferiti
2. secondo quaderno uguale
3. mutande tecniche per correre
4. secondo paio di mutande tecniche per correre
5. maglietta tecnica per correre

- meno male che adesso andiamo a correre insieme, questo genera inputs per regali focalizzati anche se forse non fantasiosissimi

6. maglietta con scritto "we bike" perché adesso abbiamo anche messo in moto il carretto per trainare i bambini in bicicletta e andremo in bicicletta moltissimo

-di necessità considerando che abbiamo una sola macchina e andiamo a lavoro in posti diversi

7. contenitori per tenere i bagagli ordinati in valigia visto che quello parte una settimana si e una no.

8. AMACA PER DUE

-Ok questo forse non era proprio pensato per lui come regalo, ma ha fatto un figurone.

Il nono e il decimo non li ha ancora visti, ma quando questo post andrà live non ci sarà più nulla da nascondere, perché saremo al TOYOTA CENTER a vedere Rockets vs Chicago Bull e onestamente NON VEDO L'ORA. La mia prima partita NBA. Non vedo l'ora.

(il nono regalo e' una cena al sacco vegetariana ecoboffa comprata in un posto buonissimo e consistente in panino vegetariano, e sides di quinoa e kale e scusare quanto ce la tiriamo alimentarmente in questa famiglia).

p.s. bambini sbolognati a amica che viene a casa e si magnerà pasta al forno (in preparazione) e muffin al cioccolato (fatti).

Sono fiera di me. Siatelo anche voi.

Tuesday, 27 January 2015

Viaggiare da soli con figli piccoli

best buy 2014

Titolo completo: Viaggiare da soli con figli piccoli si può a patto di qualche (trascurabile) compromesso.
Ebbene si. E non serve nemmeno essere MadreCoraggio, MadreDelSecolo, EroeDellaPatria. Basta un minimo di organizzazione in più e scendere a qualche piccolo compromesso.
Di seguito alcuni commenti e consigli dall'alto dei miei 5 aerei e 8 letti cambiati in due mesi vagabondi in Europa, di cui uno in solitaria, con due teppisti in età prescolare.
Per i viaggi in aereo ho trovato utile ridurre al minimo il bagaglio a mano e non usare il passeggino. A volte, in passato, mi era stato chiesto di chiuderlo e farlo passare sotto ai raggi X. Mi ero quindi trovata in difficoltà, per mancanza di mani che chiudessero il passeggino e contemporaneamente reggessero il suo passeggero. Con l'aggiunta del potenziale figlio maggiore in fuga, ho pensato che non fosse un'opzione. Fra i possibili carriers, meglio marsupio (ergonomico) che fascia, perché più veloce da mettere e togliere. Poi basta non essere soli quando si è con i figli e le valigie, ma se qualcuno aiuta a fare check in e recupera all'aeroporto di arrivo è facile. Coordinare i vari spostamenti è stata la parte più importante. Era necessario che non mi ritrovassi sola con una figlia per mano, uno nel marsupio e tutti i trolley da portare. Il trunky, rinominato miglior acquisto del 2014, si è anche rivelato molto utile. Ammetto di aver molto contato anche sul buon cuore del prossimo, al momento di caricare le valigie sui carrelli. Buon cuore puntualmente reperito, specie in UK.
Poi una volta installati nei vari posti, l'unico vero reale trucco è essere molto flessibili.
La Bianca a Londra all'andata ha voluto pranzare ogni giorno con il gingerbread man. Stavamo 3 giorni a pranzo strasciconi. Avrebbe messo a repentaglio la sua salute o sballato la sua educazione alimentare? No. Valeva la pena sbatacchiarsi le palle per insistere a che mangiasse a modo per tre giorni? No. Deal.
Fabio ha voluto dormire attaccato a me tutte e due i mesi. Ha anche viaggiato in 5 città e dormito in 8 case diverse. Lo possiamo biasimare? No. Era quello il momento di fare sleep training (se mai esiste un momento giusto)? No. Dovevo io dormire perché sennó il giorno dopo non sarei stata ritta? Si. Eccoti la poppa, tesoro bello! Deal.
È il caso di impuntarsi per far fare il riposino pomeridiano alla treenne che non lo vuole fare? Direi di no! Se è stanca dorme in macchina, o va a letto prima la sera. Detto questo, è essenziale mettersi in condizioni di farli riposare, in caso lo vogliano, quando si sta fuori tutto il giorno. Con due figli dell'età dei miei, il passeggino e il marsupio per me sono la combinazione migliore. Il passeggino porta roba e figlio piccolo, ma se la grande vuole fare sonnello, lei va nel passeggino e quello piccolo nel marsupio e io ho sempre due mani.
Sui bagagli, ho sempre trovato molto utile il concetto dell'usa e disfattene. Parto sempre con cose che so che non mi serviranno al ritorno e tendo a darle vie strada facendo, rimpinguando il guardaroba con eventuali regali e roba raccattata da amici con figli più grandi. Quando stavo a Londra, cercavo addirittura di mantenere un doppio guardaroba per la Bianca in modo da poter viaggiare low-cost solo con il bagaglio a mano.

Non sono stati tutti i giorni una passeggiata, a volte sono stata davvero tanto stanca, altre sconsolata, altre ancora mi sono data della bischera. Ma la maggior parte del tempo, fregandomene a sufficienza "di ciò che si conviene", devo dire che siamo stati proprio bene. I figli, se si rendono conto e vengono responsabilizzati, collaborano, anche se non sempre.

Concludo sentenziando la seguente cosa e dedicandola a tutti quelli che mi dicevano "vedrai che quando avrai i bimbi piccoli al mare tutto il giorno non ci potrai più andare". Se ami il mare, ci vai eccome, basta avere a portata di mano dell'ombra, dell'acqua e degli snack.

Wednesday, 21 January 2015

Grandi cambiamenti

crescendo fin troppo alla svelta

Il nostro equilibrio familiare subirà presto uno scossone perché ci sono in vista alcuni sostanziali cambiamenti.
Il capofamiglia ha trovato il verso di farsi pagare per un anno in più per pensare a cose che nessuno capisce. Il figlio piccolo inizierà a breve a andare all'asilo, con 3 mesi di ritardo rispetto alla sorella, ma sempre piccolo abbastanza da farmi stare un po' in pena (qui lo dico e qui lo nego). La sottoscritta dovrebbe a breve rivestire i panni della Dr Pis, fare festa con il suo essere SAHM (che le è piaciuto assai, specie con i figli all'asilo o addormentati) e ributtarsi in un mondo fatto di radiazioni, nobili idee e prosaiche bestemmie. L'unica che al momento è stabilmente inserita nel suo ruolo è la figlia grande, che ieri è tornata a scuola -dopo due mesi di pellegrinaggi per terra cielo e mare- in disperazione e ne è uscita baldanzosa e ridanciana.

Oggi io e F siamo stati nella stanza che sarà a breve la sua seconda casa, dove, con mio enorme sollievo, non hanno fatto una piega né sui pannolini lavabili, né sul BLW. Anzi, mi va proprio di puntualizzare, tanto per iniziare a distruggere a picconate lo stereotipo dell'americano consumista, petroliere, scialacquone e senza cervello, che su nove bambini (F compreso) in tre usano i PL. Tant'è che le maestre hanno detto che sono esperte di ogni tipo di PL e che posso portare quelli che mi pare e ci pensano loro. Esattamente quello che avevo bisogno di sentirmi dire. Lo stesso dicasi per il BLW, che non conoscevano in quanto tale, ma che davano per scontato.

Con loro tre sistemati, resto da sistemare io. Non so ancora quando comincerò ma presto abbastanza da darmi un po' di mal di pancia. Nel mentre ho:
- aderito per la seconda volta a #100happydays
- aderito allo schema di allenamento per la 5k-corsa per principianti
- rinfilato un paio di jeans che prima dell'Europa non mi stavano!

Monday, 19 January 2015

Quinta e sesta tappa: PALERMO e LONDRA

Riassumo perché le cose vanno scritte a caldo. In differita i pensieri si perdono, le cose di dimenticano e non c'è proprio motivo di raccontare.

Una Palermo insolita quest'anno. Gelata. L'unico vero inverno sentito fino ad allora. Insolita anche emotivamente, in senso buono. Non credo che certi nodi si scioglieranno mai, ma mi sento di dire che è andata meglio del solito.

Londra invece questa volta mi ha travolto i sensi e fatto sentire molto nostalgica. Sarà perché questa lunga vacanza era alla fine, sarà perché dormivamo nei docklands, dove abbiamo sempre bazzicato poco o perché dopo due mesi avevo gli occhi pieni di Europa, ma ho sentito riaffiorare ricordi sepolti chissà dove. Dei primi anni, delle lunghe traversate in metropolitana, delle uscite serali, del freddo del centro e dell'odore dei pub.
Di me quando ero turista nella città dove abitavo e ogni giorno era una cosa nuova da scoprire e imparare.
Di me quando non ero mamma e non avevo intenzione di esserlo.
Di me quando cercavo di trovare un nuovo posto nel mondo, dopo aver "fallito" col posto precedente.

Poi abbiamo ripreso un grande aereo e siamo tornati a casa.
Potrei riattaccare col pippone di cosa è o non è casa, ma non ne ho voglia. Casa è qui, a Houston, nel tepore del sole invernale, nello spazio del nostro minivan e negli amici, nuovi OK, ma che sembrano felici di sapere che sono di nuovo in town.
Non è stato male tornare a casa. Per quest'anno.